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mercoledì, settembre 21, 2011

Il mestiere dell’insegnante


È la fine della scuola! Finalmente! Nei volti degli insegnanti, si vede la grande fatica e la grande scontentezza di chi ha lavorato tanto, senza essere riconosciuto adeguatamente.
Gli alunni sono a volte interessati più alla convenzione dei voti, che alla reale gioia di conoscere. E il ministro della pubblica istruzione è interessato più a far quadrare i conti, che al reale funzionamento della “baracca scuola”. Trovatemi un’altra delle grandi nazioni ricche dove si muore perché un muro della tua scuola crolla durante una lezione…
La scuola italiana è spesso oggetto di critiche immotivate. Le riforme introdotte con il fine di migliorarla sembrano produrre più danni che benefici: parafrasando una famosa canzone potremmo dire che lo sapremo solo vivendo. Per ora sappiamo che gli insegnanti italiani sono tra i meno pagati in Europa. Si è diffusa l’opinione errata che alunni italiani siano tra gli ultimi per quanto riguarda la preparazione. In realtà, i test che proverebbero ciò riguardano soprattutto la cultura scientifica e matematica, che in effetti in Italia è un po’ trascurata rispetto a quella artistico-letteraria.

Per molti italiani, i libri sono un optional e la cultura non è considerata redditizia: dunque pochissimi sono gli investimenti statali. La cultura dell’immagine e quella televisiva soppiantano di gran lunga la cultura cartacea del sapere. Viviamo in una società che ha scelto “l’avere” e “l’apparire” a discapito “dell’essere”.
Essere insegnante oggi è come
remare controcorrente, cioè diffondere una cultura che molti disprezzano. Chi sceglie di insegnare oggi, indipendentemente dall’ordine e grado della scuola, sceglie di fare il missionario.

La professione dell’insegnante è tra i lavori più stressanti che ci siano: non vi sono gratificazioni sociali ed economiche. Per esempio, spesso si sente dire che noi insegnanti lavoriamo troppo poco, solo 18 ore a settimana, e che per tutta l’estate siamo in vacanza. Chi afferma ciò, parla senza cognizione di causa, cioè senza conoscere ciò che sta dicendo. Chi insegna deve preparare le lezioni, preparare i compiti, che poi non si correggono da soli. Ci sono i collegi dei docenti, i consigli di classe, le programmazioni, le relazioni finali, le valutazioni eccetera .

Il lavoro di insegnante, se fatto bene, richiede più di 36 ore a settimana. Per quanto riguarda le “lunghe vacanze estive”, ci sono anche gli esami di maturità e di licenza media. Si finisce di lavorare a metà luglio o oltre e a fine agosto siamo a disposizione della scuola per i primi collegi dei docenti. Un mese e mezzo di pausa non è "tutta l’estate".

Noi forniamo ai nostri alunni gli strumenti per crescere, per affrontare la società, per trovare un lavoro ma anche per pensare profondamente. Li educhiamo al giusto e al bello.
Ma spesso troviamo alunni più interessati al gossip o ai reality piuttosto che alla cultura o al sapere, abituati a rimanere concentrati solo per pochi minuti, non per una lezione di un’ora.

Tutta la società sta attraversando una profonda crisi! Proprio per questo nella scuola si dovrebbe investire più di ogni altra attività o istituzione, come avviene nei paesi più evoluti. Non facciamo che una crisi economica diventi anche crisi di valori. La scuola è la speranza per il futuro, la fabbrica del mondo di domani. Si dovrebbe investire di più in cultura e in ricerca, non di meno. Dobbiamo insegnare ai nostri giovani a pensare liberamente.

Invece che continuare a diffamare i nostri insegnanti, dovremmo cominciare a ringraziarli per il lavoro che la maggior parte di loro fa malgrado mille difficoltà!

Prof. Valerio Giacalone

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