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mercoledì, ottobre 01, 2008

AMICI MIEI ATTO II

AMICI MIEI ATTO II


A distanza di 7 anni, Mario Monicelli firma il secondo episodio del film che vede ancora protagonisti i cinque amici fiorentini amanti dello scherzo e della goliardia. Il film segna la fine di un'epoca, quella del genere a cui appartiene, la commedia all'italiana, del quale il regista è stato uno dei maestri indiscussi.

L'amarezza e la malinconia che avevano già segnato il primo brillante episodio diventano nel secondo una vera e propria vena pessimistica che attraversa in controluce tutto il film. Il rimpianto anima gli attori sulla scena e la conclusione della vicenda non può che essere triste al pari del film che l'aveva preceduto. Il tentativo di dare un seguito ai successi di incassi che nel 1975 accolse il primo episodio è perfettamente riuscito; le trovate umoristiche sono esilaranti e presto diventeranno un cult del genere comico nazionale. Ma è la commedia che vive la sua crisi conclusiva, una crisi fatta.

La morte del Perozzi che chiudeva il primo episodio viene "risolta" nel secondo film con un abile espediente narrativo, che muove avanti e indietro nel tempo i nostri cinque amici con un dosato ricorso al flashback, rendendoli protagonisti di scene comiche da antologia. Tutti i temi guida del primo atto (la frustrazione erotica del Melandri, la gelosia del Necchi, i problemi familiari del Perozzi, la noia del Sassaroli e la aristocratica decadenza del Conte Mascetti) vengono ripresi e sviluppati nel secondo atto. Renzo Montagnani interpreta con grande successo il Necchi, mentre un grande Paolo Stoppa nei panni di un ostinato usuraio fiorentino ci regala una delle sue ultime apparizioni cinematografiche.

Il tempo scorre velocemente, vecchi rancori e antiche incomprensioni mai sopite scavano con l'età nuove solitudini. Il Conte Mascetti non sopporta lo scherno e il dileggio dei suoi tre amici e viene colto da un ictus che lo condannerà per sempre all'infermità.

Il film si conclude con l'immagine tristissima di un conte impotente e paraplegico affidato alle insopportabili attenzioni familiari e alle cure sarcastiche dei suoi compagni di zingarate.

Va notato un messaggio finale del film (frainteso molto spesso), un messaggio che dà al sentimento dell'amicizia un alto significato simbolico. I tre amici portano il conte Mascetti ai campionati di atletica per paraplegici: il conte Mascetti corre in carrozzina ed è ultimo nella competizione: Necchi, Melandri e Sassaroli lo incitano dalle gradinate a gran voce, commuovendosi fino alle lacrime vedendo l'amico ridotto così male nel fisico e depresso nello spirito, e proprio per questo non gli fanno mancare tutto il loro amore fraterno, il supporto morale e materiale.

In realtà è l'ennesima zingarata: si nota che il Mascetti si è iscritto alla gara come rappresentante del Pisa e che sta perdendo la gara 'di proposito' per far figurare i Pisani ultimi in classifica.

Lo spirito goliardico che sbeffeggia la morte, la tristezza, l'angoscia di vivere e (in questo caso) l'handicap fisico rimane ben scolpito nel cuore del gruppo, inossidabile a tutte le disavventure e al passar inesorabile del tempo.

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