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venerdì, maggio 02, 2008

Mein Fuhrer La veramente Vera verità su Adolf Hitler 2007

Mein Fuhrer La veramente Vera verità su Adolf Hitler 2007



L'ultima volta che il Führer è stato rappresentato sul grande schermo ha preso le sembianze gelide ma fortemente espressive di Bruno Ganz nel discusso La caduta di Oliver Hirschbiegel. Nel nuovo lavoro di Dani Levy, la figura del noto dittatore tedesco viene osservata attraverso gli occhi malinconici e profondi di un insegnante di recitazione ebreo interpretato da Ulrich Mühe la cui scomparsa prematura fa acquistare alla pellicola un peso decisamente diverso. Siamo nella Germania nazista del 1944. Hitler, ormai stanco e depresso, evita qualsiasi incontro pubblico. Ha bisogno di riacquistare credibilità e prestigio presso l'opinione pubblica afflitta da una guerra ormai persa. Decide, così, di farsi aiutare da un attore ebreo, Adolf Grünbaum, per rinvigorire le sue doti oratorie.
Per quanto Levy si attenga ai fatti storici, la storia e le circostanze narrate sono frutto della propria fantasia e immaginazione. Due elementi sono veritieri. Hitler ha realmente avuto un maestro di recitazione il cui lavoro consisteva nel migliorare le qualità respiratorie e gestuali. L'altro aspetto fondato gioca sulla difficile infanzia dello spietato gerarca testimoniata da un libro di Alice Miller che Levy ha letto con attenzione per la stesura dello scritto.
Come nel suo film precedente, Zucker!...come diventare ebreo in 7 giorni, Levy conferma la sua capacità di trattare temi delicati e fastidiosi bilanciando continuamente satira e spirito critico. Il cineasta è consapevole che gli strumenti sovversivi della commedia decostruiscono più facilmente il cinismo e la ferocia dei personaggi raffigurati. Gli stessi in ambito tragico sono più difficili da trattare perché aumenta il rischio di una frettolosa didascalia. Dall'inizio alla fine, il soggetto si avvale di una narrazione forte in cui ogni situazione è ben disegnata e concatenata. In ogni fase del racconto, tutti gli elementi contenutistici e formali sono in gioco: l'umorismo ebraico, il sottile confine tra fantasia e realtà, figure smontate continuamente, una musica minimalista e un buon gioco di equilibrio tra ricostruzioni storiche e realizzazione al computer.
Audio 7
Video 10
http://rapidshare.com/files/73587872/mainfhurer.rar




L'ultima volta che il Führer è stato rappresentato sul grande schermo ha preso le sembianze gelide ma fortemente espressive di Bruno Ganz nel discusso La caduta di Oliver Hirschbiegel. Nel nuovo lavoro di Dani Levy, la figura del noto dittatore tedesco viene osservata attraverso gli occhi malinconici e profondi di un insegnante di recitazione ebreo interpretato da Ulrich Mühe la cui scomparsa prematura fa acquistare alla pellicola un peso decisamente diverso. Siamo nella Germania nazista del 1944. Hitler, ormai stanco e depresso, evita qualsiasi incontro pubblico. Ha bisogno di riacquistare credibilità e prestigio presso l'opinione pubblica afflitta da una guerra ormai persa. Decide, così, di farsi aiutare da un attore ebreo, Adolf Grünbaum, per rinvigorire le sue doti oratorie.
Per quanto Levy si attenga ai fatti storici, la storia e le circostanze narrate sono frutto della propria fantasia e immaginazione. Due elementi sono veritieri. Hitler ha realmente avuto un maestro di recitazione il cui lavoro consisteva nel migliorare le qualità respiratorie e gestuali. L'altro aspetto fondato gioca sulla difficile infanzia dello spietato gerarca testimoniata da un libro di Alice Miller che Levy ha letto con attenzione per la stesura dello scritto.
Come nel suo film precedente, Zucker!...come diventare ebreo in 7 giorni, Levy conferma la sua capacità di trattare temi delicati e fastidiosi bilanciando continuamente satira e spirito critico. Il cineasta è consapevole che gli strumenti sovversivi della commedia decostruiscono più facilmente il cinismo e la ferocia dei personaggi raffigurati. Gli stessi in ambito tragico sono più difficili da trattare perché aumenta il rischio di una frettolosa didascalia. Dall'inizio alla fine, il soggetto si avvale di una narrazione forte in cui ogni situazione è ben disegnata e concatenata. In ogni fase del racconto, tutti gli elementi contenutistici e formali sono in gioco: l'umorismo ebraico, il sottile confine tra fantasia e realtà, figure smontate continuamente, una musica minimalista e un buon gioco di equilibrio tra ricostruzioni storiche e realizzazione al computer.
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