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martedì, giugno 03, 2008

Scuola elementare e trasformazione della società italiana contemporanea


Scuola elementare e trasformazione della società italiana contemporanea

Maria Grazia Menegaldo


Introduzione

L’odierna società, in continua evoluzione, va progressivamente assumendo una compo-

sizione multietnica, a causa della consistente migrazione di individui che sta avendo corso. Il fenomeno è di portata mondiale: ci troviamo di fronte ad un’evoluzione epocale che mette ciascuna comunità di fronte a cambiamenti consistenti.

L’evento migrazione influisce notevolmente sulle modificazioni in atto nella società occidentale. La compresenza di individui di origine diversa all’interno di una stessa società può essere causa di problemi di convivenza: il senso di appartenenza ad un gruppo e la diffidenza nei confronti degli altri possono indurre ad erigere barriere , bloccando sul nascere qualunque forma di dialogo. E’ anche possibile, però, andare oltre questi atteggiamenti ed avvertire l’alterità come fonte di ricchezza per la propria crescita umana. Questo atteggiamento interculturale affonda le proprie radici nel pensiero filosofico degli ultimi duecento anni, a partire da quel Secolo dei Lumi che ha posto in risalto i diritti umani fino a giungere ai giorni nostri.

L’esigenza di mutare atteggiamento è stata avvertita nei Paesi meta di emigrazione. Per non lasciarsi coinvolgere dagli eventi e per gestire al meglio le modificazioni in atto, essi hanno ritenuto opportuno affidare alle loro istituzioni scolastiche il compito di realizzare, secondo modelli e soluzioni diverse, una educazione di matrice interculturale.

La scuola elementare italiana, a partire dalla fine degli anni Ottanta, è divenuta luogo di accoglienza e formazione per i bambini immigrati (C.M.301/89 e normativa successiva ). Essa ha il compito di concretizzare un’intervento di stampo interculturale tanto con gli alunni autoctoni quanto con gli alloctoni, al fine di formare al rispetto della diversità e di favorire l’integrazione tra individui di origine differente, offrendo agli uni e agli altri l’opportunità di ampliare i propri orizzonti per mezzo della conoscenza di idiomi e culture “altre”. Tale impostazione è chiaramente visibile nei Programmi del 1985, nei quali ci si propone una formazione egalitaria, antietnocentrica, antirazzista, attraverso la quale superare la convivenza indifferente e proiettarsi verso la condivi-sione della diversità. Si tratta di un’educazione che non si propone in qualità di disciplina aggiunti-va alle altre, ma che riveste il ruolo di struttura portante dell’intero percorso di crescita, trasversale ai diversi ambiti della conoscenza.

Molti operatori scolastici si sforzano di educare per costruire una società aperta all’altro; bisogna però sottolineare anche che il processo non è ancora generalizzato e che pertanto coesistono nella scuola atteggiamenti e posizioni diverse: si passa dalla più totale chiusura in se stessi, alla pura e semplice tolleranza del diverso, all’entusiasmo per le opportunità di arricchimento che offre l’esperienza di contatto con gli stranieri. Una situazione così difforme denuncia la neces-sità di una più moderna formazione dei docenti, sia a livello iniziale che in servizio.

All’interno di questo piccolo contributo si trovano degli approfondimenti, asso-lutamente non esaustivi, di quanto accennato in questa introduzione.


1. Il fenomeno migrazione e i cambiamenti socio- culturali

Per comprendere a fondo il contesto nel quale la scuola si trova ad operare è opportuno riflettere sull’evento migrazione al fine di cogliere il legame intercorrente tra quest’ultimo e le mo-dificazioni subite dalla civiltà occidentale. Dal Dopoguerra ad oggi gli Stati della U.E. sono diven-tati la sede stabile di più di venti milioni di immigrati. La pressione migratoria, esercitata prevalen-temente sulla frontiera orientale e su quella meridionale, ha trasformato Paesi quali Italia, Grecia, Spagna e Portogallo, fino a pochi anni fa luoghi di emigrazione, prima in territori di prima acco-glienza e transito, poi in aree di insediamento definitivo. Poiché allo stato attuale le nazioni europee sono contraddistinte da una situazione di contrazione demografica, invecchiamento della popolazio-ne attiva e tendenza alla concentrazione degli abitanti nelle grandi aree urbane, ne consegue che gli spazi socialmente e fisicamente lasciati vacanti dagli autoctoni vengono occupati dagli stranieri, provenienti soprattutto da Nord Africa, Africa ed Est europeo.

Lo spostamento di una così grande quantità di esseri umani obbliga la società occiden-tale a confrontarsi con le differenze culturali con le quali viene a contatto ed a prendere atto del va-lore non più assoluto del modello etnocentrico: altre etnie, altre culture premono ed insistentemente chiedono di essere riconosciute. La multiculturalità che ne deriva consiste nella condivisione dello spazio vitale da parte di soggetti portatori di tradizioni differenti e postula la creazione di un conte-sto socio-politico nel quale si possano sviluppare sane identità e positiva disponibilità all’interazio-ne. Si promuove così un’idea di società molto più ampia, in cui l’alterità non costituisce un proble-ma marginale al quale guarda un soggetto centrato su se stesso e rivolto esclusivamente alla salva-guardia della propria identità, ma si configura come un’opportunità, fornita alla singola persona ed alle diverse culture, per svilupparsi. Si tratta di un atteggiamento mentale nuovo, ancora da costruire. Per pervenire alla sua edificazione non possiamo limitarci a prendere in esame esclusivamente gli aspetti culturali, ma dobbiamo tenere conto anche dei mutamenti economici e sociali che vengono messi in gioco dalla convivenza di individui di origine diversa. Quotidianamente possiamo osservare come questi nuovi cittadini modifichino le nostre visioni della vita, del comunicare ,del credere in qualche cosa, il senso stesso dell’essere al mondo. Noi facciamo

di tutto per omologare, assimilare, costringere alla dispersione una immensa varietà di altri valori e di credenze e non ci rendiamo conto che, in questo modo, ci priviamo di un’opportunità di crescita; dovremmo, invece, puntare sull’ apprezzamento delle differenze, che sono valori e risorse, diritti da rivendicare e da far rispettare .

Come passare da una società multiculturale, caratterizzata dalla presenza di una crescen-te pluralità di etnie, lingue e civiltà tra loro separate, incomunicabili e talvolta ostili, ad una società interculturale, di produttiva interazione ed integrazione delle differenze, nella quale, di volta in vol-ta, le varie culture siano in grado di “prestare “ e di “ricevere “, di dare e di prendere gli elementi più creativi e vitali della propria specificità e di correggere gli inevitabili tratti negativi? Il passag-

gio può essere compiuto rifacendosi a tre principi:

· rispetto dei diritti degli individui;

· piena integrazione dei singoli nel tessuto sociale che li accoglie;

· interazione tra le culture.

Si tratta, cioè, di fare un salto di qualità irreversibile, grazie al quale si supera ogni forma di assi-stenzialismo nei confronti dell’immigrato e ci si proietta verso la creazione di una nuova cittadi-nanza della persona, verso una vera e propria società interculturale, che non si limita a sostenere il rispetto per l’altro, ma che si impegna a ricercare le condizioni affinchè l’alterità si sviluppi .


2. I principi teorici sottesi all’educazione interculturale nella scuola italiana


La maturazione di una diversa sensibilità sociale ed individuale, strettamente connessa con il superamento dell’etnocentrismo, degli atteggiamenti di chiusura e di non accettazione, impli-ca necessariamente la messa in opera di un’azione educativa che miri a forgiare un modus operandi capace di rispettare le diversità e di integrarle in un’unità che non le annulli. Questa diversa impo-stazione educativa trova sostegno e giustificazione nel pensiero pedagogico degli ultimi due secoli. Alcuni autori, appartenenti ad epoche diverse, hanno posto l’accento, ognuno a proprio modo, sul-l’importanza del contatto e dello scambio tra uomini di origine diversa: basti pensare a Jean Jacques Rousseau[1], a Enrico Pestalozzi[2], a Emile Durkheim[3], a Jacques Maritain, a Roger Cousinet, i quali hanno enunciato principi e proposte di valenza interculturale. Facendo riferimento in maniera par-ticolare ai pensatori del XX sec., possiamo citare le opinioni di Maritain e Cousinet. Il primo ritiene che l’educazione abbia il compito di formare il cittadino come individuo del proprio tempo; a ciò si perviene insegnando principalmente ad essere uomini. Obiettivi iniziali da perseguire sono il con-seguimento della libertà e dell’autonomia personali; esse verranno successivamente esercitate al-l’interno del gruppo sociale, in cui ciascuno svolgerà un ruolo ben preciso attraverso l’assunzione di obblighi e responsabilità. Individui così formati daranno vita ad una comunità fondata sui diritti umani e confacente alle aspirazioni ed al benessere dell’uomo. Questo ideale di apertura all’altro è sotteso ad un sistema educativo che prevede un nutrito programma di scambio tra studenti e la pos- sibilità di usufruire di borse di studio; si fornisce così ai giovani l’opportunità di conoscere meglio Paesi diversi dal proprio e di arricchire il bagaglio delle esperienze perché, nei luoghi in cui si re-cheranno, condivideranno con gli abitanti la vita quotidiana, venendo in contatto diretto con la vera essenza di quella cultura. Altro aspetto interculturale della proposta pedagogica di Maritain è costi-tuito dal suo umanesimo integrale: ogni individuo è una entità a sé stante, dotato di responsabilità, intenzionalità, valori. Egli va rispettato per la sua singolarità, per le differenze che gli sono pro-prie, per la sua soggettività che è anche alterità. Anche la proposta pedagogica di Roger Cousinet è di chiara impostazione interculturale, dato che egli ritiene la socializzazione, ed in particolare quella che coinvolge persone estranee alla cultura a cui si appartiene, lo strumento più importante attraverso il quale far crescere il singolo. Il Nostro propone un’educazione nella quale l’alunno svolga un ruolo attivo all’interno di gruppi che si associano spontaneamente in base ai vari interessi; attraverso tale organizzazione gli studenti apprendono il rispetto per il lavoro altrui ed acquisiscono il senso della proprietà collettiva, dato che mettono tutto in comune all’insegna della condivisione. L’elemento fondamentale nello sviluppo del singolo è costituito dalla vita di rela-zione, perciò la collaborazione nel gruppo risulta valido metodo di lavoro, ancor più efficace nel momento in cui nella comunità vi è la presenza di soggetti che appartengono a culture diverse, dei quali va favorita l’integrazione attraverso l’interazione e lo scambio di informazioni, di esperienze e di punti di vista differenti.

Più recentemente Aldo Visalberghi ha affrontato l’argomento dell’educazione intercul-turale in un’ottica di più ampio respiro, in una dimensione internazionale della cultura. A risoluzio-ne dei problemi dell’umanità propone una organizzazione dell’attuale società in un’ottica più demo-cratica, che si può realizzare educando gli individui al pacifismo, all’impegno alla non violenza, al recupero dei valori dell’umana pietà e della comprensione reciproca, alla difesa dei diritti dell’uomo e dell’ambiente e al superamento delle conflittualità di carattere religioso ed etnico. Pur riconoscen-do a questo tipo di formazione una grande valenza, Visalberghi sottolinea che essa, da sola, non è

sufficiente a risolvere tutte le problematiche connesse con i rapporti relazionali tra individui: neces-sita, infatti, del sostegno internazionale, del supporto dell’azione di differenti strutture democratiche di caratura mondiale, oltre che dell’impegno personale. L’educazione si fa così transculturale, per-

chè :

a) prende coscienza dei problemi comuni;

b) individua strategie risolutive utilizzabili per migliorare il mondo;

c) supera il modello occidentale, limitato e limitante;

d) propone modelli sociali e culturali nuovi, che la maggioranza degli uomini condivide perché so-

no il risultato di uno sforzo comune compiuto per trasformare positivamente la società contem-

poranea.

Tenendo conto di ciò la scuola deve focalizzarsi sui quei contenuti trasversali del curricolo che favoriscono il confronto e lo scambio tra individui.

Come si può evincere da questo rapido escursus, i principi teorici sottesi al concetto di formazione interculturale non sono una scoperta dei nostri giorni; però le migrazioni di massa di cui siamo testimoni costringono la società occidentale e la sua scuola a prendere atto dell’urgenza di una loro concreta attuazione e ad agire di conseguenza. I percorsi interculturali oggi progettati si interessano di diversità, di plurilinguismo, di integrazione europea, di antirazzismo, di pari opportunità, di integrazione dei saperi, di ricerca dei valori transculturali, proiettandosi verso una democraticizzazione culturale. La loro portata innovativa e il loro potenziale di efficacia consistono soprattutto nel tentativo di fondere i concetti di integrazione sociale (intesa come uguaglianza delle opportunità, ottenibile attraverso la lotta alle discriminazioni sociali, politiche ed economiche ) e di affermazione della diversità (in quanto pieno riconoscimento dell’identità culturale ); da questa compenetrazione deriva un modello formativo che sviluppa la capacità di accettare il diverso da sé e, contemporaneamente, di riconoscerlo uguale a sé ( ti accolgo anche se sei differente da me, ti rispetto perché mi identifico con te ).

3. La scuola elementare italiana e l’educazione interculturale : ragioni e finalità


La scuola italiana si trova coinvolta da circa un decennio in un processo di evoluzione

sociale di matrice interculturale molto pronunciato e visibile, un processo che passa necessariaria-

mente anche attraverso di essa. La presenza di alunni di diversi gruppi etnici, di diversa lingua e cultura, è un aspetto che caratterizza in misura crescente le istituzioni educative italiane, a partire dalla fine degli anni Ottanta .

L’ambiente scolastico ha modificato in maniera piuttosto rapida la propria identità, proponendosi come luogo di accoglienza, di confronto, di integrazione e insieme di valorizzazione delle diverse culture. Ciò che si chiede agli operatori scolastici ad ogni livello è di evitare atteg-giamenti di disinteresse, spontaneismo, svalutazione, che rischiano di lasciare la scuola fuori dal cambiamento in atto, di non attuare forzature, come un’acculturazione o una integrazione sra-dicanti e di assumersi la responsabilità primaria della trasmissione di un atteggiamento di apertura nei confronti di ogni diversità .

Alla scuola della moderna società democratica, specialmente per quanto concerne la fa-scia dell’obbligo, spetta il compito di fornire una istruzione di base che garantisca a tutti l’esercizio consapevole della cittadinanza e che si ponga come fondamento di uguali opportunità per le future competizioni. In realtà l’istanza non è del tutto nuova e ad essa si è risposto già a partire dagli anni Sessanta attraverso la prima scolarizzazione di massa, a cui hanno fatto seguito l’interesse e l’impegno per i problemi dell’handicapp nel decennio successivo e la valorizzazione delle peculiari caratteristiche del singolo apprendente che ha caratterizzato le scelte educative della seconda metà degli anni Ottanta. La pedagogia italiana ha preso atto della necessità di fornire pari opportunità a

tutti i discenti, prospettando percorsi formativi che partissero dal soggetto, dalla sua unicità e speci-ficità cognitiva, con lo scopo di consentire a chiunque l’accesso alla cultura e lo sviluppo dell’au-tonomia personale, nell’ottica della salvaguardia dell’originalità del singolo. Se partiamo dal pre-supposto che la presenza degli alunni stranieri nella scuola costituisce solo una delle tante diversità, individuiamo la prospettiva attraverso la quale accogliere coloro che si affacciano oggi alla porta della nostra istituzione formativa. Nei programmi della scuola elementare, in cui si recepiscono i principi cardine delle Dichiarazioni internazionali dei diritti dell’Uomo e del Fanciullo, si sotto-linea l’importanza dell’educazione alla convivenza democratica. Questa si orienta nella direzione della comprensione e della cooperazione con gli altri popoli, intende prevenire e contrastare la formazione di stereotipi e pregiudizi nei confronti di persone e culture, propugna la formazione di una mentalità che rispetti la diversità e si apra verso orizzonti in cui la socialità si fa sovranazionale (e ciò favorisce l’integrazione dei bambini immigrati, che costituiscono il prototipo dei nuovi cit-tadini a dimensione interculturale ).

“Il fanciullo sarà portato a rendersi conto che “Tutti i cittadini hanno pari dignità

sociale e sono uguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lin-

gua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali “ (art.3 della

Costituzione) .

La scuola è impegnata ad operare perché questo fondamentale principio della convi-

venza democratica non venga inteso come passiva indifferenza, e sollecita gli alunni

a divenire consapevoli delle proprie idee e responsabili delle proprie azioni, alla lu-

ce di criteri di condotta chiari e coerenti che attuino valori riconosciuti……

La scuola …ha il compito di sostenere l’alunno nella progressiva conquista della sua

autonomia di giudizio, di scelte e di assunzione di impegni e nel suo inserimento atti-

vo nel mondo delle relazioni interpersonali, sulla base della accettazione e del rispet-

to dell’altro, del dialogo, della partecipazione al bene comune.

In relazione alle complessive finalità educative la scuola deve operare perché il

fanciullo:

………abbia basilare consapevolezza delle varie forme di “diversità e di emargina-

zione “allo scopo di prevenire e contrastare la formazione di stereotipi e pregiudizi

nei confronti di persone e culture;

…… …sia progressivamente guidato ad ampliare l’orizzonte culturale e sociale ol-

tre la realtà ambientale più prossima, per riflettere, anche attingendo agli strumen-

ti della comunicazione sociale, sulla realtà culturale e sociale più vasta, in uno spiri-

to di comprensione e di cooperazione internazionale.”

(Programmi didattici per la scuola primaria, D.P.R. 12 febbraio 1985 n°104, Pre-

messa generale, Parte I° )

“Per assicurare la continuità dello sviluppo individuale delle esperienze educative

precedenti, la scuola elementare è impegnata a conoscere e valorizzare le attitudini

individuali, le conoscenze acquisite da ogni alunno…e le sicurezze raggiunte sul pia-

no affettivo, psicologico, sociale.

…….E’ dovere della scuola elementare evitare, per quanto possibile, che le “diver-

sità “si trasformino in difficoltà di apprendimento ed in problemi di comportamen-

mento, poiché ciò quasi sempre preclude a fenomeni di insuccesso e mortalità sco-

lastica e conseguentemente a disuguaglianze sul piano sociale e civile.”

( Programmi didattici per la scuola primaria, Parte II° )


La premessa dei programmi vigenti individua alcune finalità che, pur essendo state formalizzate circa quindici anni fa, sono attualissime. Esse risultano rispondenti alle esigenze della multiculturalità contemporanea; è pervenendo al loro conseguimento che si costruisce una vera società interculturale. Lo scopo principale che la scuola si propone è quello di recuperare i va-

lori della soggettività e della solidarietà, per formare individui autonomi, capaci di aprirsi al confronto con l’altro e con il mondo in qualità di cittadini responsabili ed impegnati nella costru-

zione di una realtà meno ingiusta. Il progetto educativo è diretto a tutti, alloctoni ed autoctoni, e si contraddistingue per una logica egalitaria, antietnocentrica, antirazzista, nella quale si supera la convivenza indifferente e ci si proietta verso la condivisione delle diversità. In questa chiave la migrazione non viene vissuta come problema, ma diviene una risorsa grazie alla quale l’incontro /scontro tra le culture arricchisce ciascun individuo, migliorandone la vita personale e sociale. Credo che la storia migratoria italiana, così diversa da quella della maggior parte degli altri Stati europei, abbia apportato un sostanziale contributo agli studi ed alle ricerche della pedagogia in-terculturale. L’esperienza diretta dei problemi connessi con lo sradicamento dal paese d’origine, con l’inserimento in un nuovo ambiente in cui la comunicazione è difficile ( vuoi per motivi socio-affettivi, vuoi per cause legate alle scarse o nulle competenze della lingua di accoglienza ), con l’integrazione ed il riconoscimento dei più comuni diritti, ha sicuramente consentito l’indivi-duazione di finalità, strategie, strumenti miranti ad attenuare i disagi dell’immigrazione ed a forma-re mentalità e comportamenti aperti al rispetto ed alla valorizzazione di ciascun individuo.


4. Educazione interculturale e discipline


Lo scopo dell’educazione interculturale è favorire l’integrazione tra soggetti apparte-nenti ad etnie e culture diverse, così da predisporre alla convivenza nella reciproca accettazione; a ciò si perviene attraverso il confronto tra le diverse civiltà, poiché questo consente di cogliere i significati essenziali di ciascuna. Con questa premessa è logico ripensare il curricolo, sia preve-dendo approcci didattici comparativi, sia leggendo le discipline in una chiave diversa da quella epistemologica. Ciò significa considerare la formazione interculturale non in qualità di una ul-teriore branca dei saperi, da sommare agli altri, quanto piuttosto nella veste di struttura portante, trasversale ai diversi ambiti della conoscenza. Un’analisi attenta dei programmi della scuola ele-mentare consente di cogliere questo filo conduttore, che collega i vari paragrafi del documento sia per quanto concerne gli aspetti di portata più ampia, ravvisabili nella Premessa e nella sezione intitolata Educazione alla convivenza democratica, sia per ciò che si riferisce agli aspetti disciplinari.

Una panoramica concernente le discipline direttamente collegate con la comunicazione, e, di conseguenza, maggiormente relazionabili con l’idea di interculturalità, può essere delineata a partire dall’ITALIANO[4]. Esso è lo strumento per mezzo del quale gli individui stabiliscono rapporti sociali, comunicando con gli altri ed agendo nei loro confronti. Si configura come un fenomeno di carattere culturale che si sviluppa lungo gli assi diacronico, diatopico e diastratico, perché è manifestazione della vitalità evolutiva di una specifica comunità umana, di cui esso stesso registra i cambiamenti. Nel ruolo di mezzo che consente l’interrelazione tra individui e lo scambio reciproco gli si affiancano altri idiomi ed altri linguaggi.

Lo scopo dell’insegnamento della LINGUA STRANIERA[5] è quello di potenziare le competenze comunicative di ciascuno, ma anche quello di condurre alla conoscenza ed alla comprensione della cultura elaborata da popoli differenti da quello d’origine.

La comunicazione verbale non è depositaria esclusiva della capacità espressiva umana: anche l’immagine, il suono, il gesto appartengono “all’universo del linguaggio, inteso come opportunità di simbolizzazione, espressione, comunicazione”. Per questo motivo le EDUCAZIONI ALL’IMMAGINE, AL SUONO ED ALLA MUSICA E MOTORIA [6] vanno considerate in riferimento alla loro valenza interculturale. Dal punto di vista strettamente disciplinare esse forniscono agli alunni quelle competenze specifiche che consentiranno loro di padroneggiare codici espressivi alternativi a quello linguistico, da utilizzare per porsi in contatto con gli altri, travalicando i limiti imposti dalla realtà plurilinguistica. In un’ottica di arricchimento culturale propongono l’approccio a contenuti ( danze, musiche e canti, elementi di carattere grafico-pittorico) che costituiscono l’espressione esteriore dei valori, delle credenze, dei rituali religiosi e sociali di civiltà diverse .

Anche gli insegnamenti di tipo matematico e scientifico offrono un chiaro suggerimento di carattere interculturale. Uno degli obiettivi fondamentali che ci si propone nell’educare secondo questa ottica è sicuramente il superamento dell’etnocentrismo e di quei limiti che in qualche modo la monoculturalità impone. Per pervenire a tale fine occorre innanzitutto favorire la formazione del senso critico. L’EDUCAZIONE LOGICO - MATEMATICA[7] , in particolare nel campo della risoluzione dei problemi, si propone di concorrere alla formazione del pensiero nei suoi vari aspetti(multiprospettività),sviluppando tutti quei ”concetti, metodi e atteggiamenti utili a…formare le abilità per interpretare criticamente (la realtà) e per intervenire criticamente su di essa”. Si intende così formare una mente aperta e pronta ad accettare qualunque soluzione come possibile, insegnando a prendere in considerazione la diversità e a non lasciarsi attrarre dalla volontà di omologare le situazioni riconducendole ad un unico criterio. Anche il linguaggio della probabilità può essere letto in una chiave di decentramento culturale. Gli stessi programmi affermano che la sua introduzione ha lo scopo di preparare un terreno intuitivo in cui si possa, in una fase successiva, fondare l’analisi razionale delle situazioni di incertezza. Si tratta di un modo per superare il proprio egocentrismo, per porre in discussione i parametri dati per assoluti dalla cultura etnocentrica, per frantumare le barriere imposte dall’appartenenza ad un gruppo e per imparare a porsi delle domande sull’altro e sul valore dei suoi criteri culturali.

Anche lo studio e la ricerca in ambito SCIENTIFICO[8] sono per natura attività umane alle quali è sotteso il concetto di decentramento culturale. La conoscenza e il progresso scientifico non sarebbero possibili se lo studioso non fosse disponibile a mettere in discussione se stesso, le proprie opinioni, i propri valori, lo stesso risultato delle proprie attività. Porsi domande,osservare senza preconcetti e pregiudizi, formulare ipotesi risolutive suscettibili di modificazione, parcellizzare situazioni complesse in altre più semplici, relazionare e mediare punti di vista diversi per pervenire ad una soluzione possibile del problema oggetto della ricerca, tutte queste non sono altro che manifestazioni di una mentalità aperta e disponibile, la stessa che caratterizza la visione interculturale del mondo.

L’oggetto dell’ambito STORICO-GEOGRAFICO[9] è “lo studio degli uomini e delle società umane nel tempo e nello spazio, nel passato e nel presente e riguarda tutte le loro diverse dimensioni: quella civile, culturale, economica ,sociale, politica e religiosa.” A ciò si perviene edu-

cando al decentramento, cioè al superamento della percezione di sé come perno e misura della real-tà, ed insegnando a sentirsi partecipi del processo evolutivo umano. Si promuove così la capacità di ricostruire l’immagine del passato partendo dal presente, individuando connessioni tra questi due momenti. In una classe pluriculturale si profila la difficoltà di trovarsi di fronte a tante “storie”

quanti sono le culture di appartenenza degli allievi immigrati. Nello scegliere i contenuti si può decidere di insegnare la storia nel contesto degli eventi che segnano le vicende del popolo ospitante; questa soluzione può catturare l’attenzione degli immigrati solo se si opera un continuo confronto

con gli accadimenti che concernono la popolazione ospite. Altrettanto infruttuoso può risultare l’in-

segnamento storico se lo si attua individuando tempi diversi per lo studio delle vicende degli autoc-toni e degli alloctoni, perché si viene meno all’impegno della reciproca accettazione e del confronto tra culture. Probabilmente l’approccio comparativo è quello di maggiore valenza educativa. Esso

guida a comprendere eventi e personaggi, interpretandoli tramite le prospettive delle diverse culture.

Si tratta di una modalità complessa, in quanto si prefigge di pervenire alla estrapolazione di elemen-

ti utili a rintracciare coordinate di un comportamento umano coerente con la dignità della persona e

i diritti dei popoli .Al contempo , contribuisce a prevenire quegli atteggiamenti di non accettazione e rifiuto che alterano di fatto i rapporti tra individui di origine diversa , in quanto erode gradualmen-te le tensioni etnocentriche e favorisce la capacità di decentramento culturale. Poiché la scuola elementare si propone di porre le basi per la formazione del cittadino (in una prospettiva “glocal ”

che dà spazio, cioè, tanto all’aspetto nazionale quanto a quello internazionale )si prevede che essa fornisca anche strumenti per un primo livello di conoscenza della nostra società (Costituzione, aspetti istituzionali e politici) e del contesto mondiale in cui è inserita (Carta dei diritti del Fanciullo, Dichiarazione dei diritti dell’Uomo, organizzazioni internazionali).

Per quanto concerne l’aspetto RELIGIOSO[10], i programmi sottolineano la necessità di operare una riflessione in questo ambito collegando le manifestazioni della spiritualità umana con gli eventi storici che le hanno determinate, insistendo ancora sullo sviluppo dello spirito critico e proponendosi altresì di educare al rispetto della libertà religiosa.

E’ innegabile che all’interno del documento programmatico ci sia una prospettiva interculturale che si focalizzi sul curricolo e, quindi, su una impostazione differente dell’attività educativa, sulle “diversità “etniche e culturali. Le discipline mantengono il ruolo che gli è proprio, cioè di strumento di potenziamento del pensiero, ma vanno affrontate in un quadro più ampio, che comprenda anche i punti di vista di culture diverse.


5. Insegnanti elementari, immigrazione, educazione interculturale


Nella prospettiva della società interetnica la sfida rivolta agli insegnanti consiste nel gestire le differenze in modo tale che esse non vengano annullate ma neppure diventino fonte di disuguaglianza e discriminazione. Per essere all’altezza di questo delicato compito è necessario che la preparazione professionale dei docenti sia adeguata alla società multietnica in cui si trovano ad operare. A proposito della necessità di una formazione specifica, una ricerca recentemente svolta dalla Fondazione Cariplo per le Iniziative e lo Studio della Multietnicità ( ricerca inserita nel “Progetto Scuola” dalla stessa realizzato e diretta dal Prof. V. Cesareo dell’Università Cattolica di Milano, coordinatore della Fondazione stessa) fornisce al riguardo informazioni concernenti il punto di vista dei diretti interessati. Chi è coinvolto in prima persona in esperienze di immigrazione avverte l’utilità e la necessità di una preparazione circostanziata; lo stesso opinano quegli operatori che hanno conseguito un alto livello di istruzione. Coloro che non hanno esperienza nel settore, invece, ritengono che un aggiornamento mirato debba concernere esclusivamente quei docenti nella cui classe sono inseriti uno o più alunni stranieri. Una lettura attenta di queste informazioni non può che evidenziare le opinioni confuse e spesso contraddittorie espresse a questo proposito dal corpo magistrale. La riflessione che ne consegue è duplice:

a) è necessario che si provveda ad una formazione iniziale dei docenti che sia qualificante, in grado di fornire gli strumenti atti ad affrontare e risolvere le molteplici situazioni problematiche poste dalla realtà contemporanea;

b) vi è l’urgenza di predisporre un piano di aggiornamento e formazione in servizio, di cui fare oggetto il personale già operante nella scuola, finalizzato a riqualificare la categoria ed a dotarla di mezzi adeguati per affrontare situazioni educative complesse. Tale progetto andrebbe orientato verso il rinnovamento di tutte quelle competenze che caratterizzano la funzione docente, nelle sue componenti educative e didattiche. Nel primo ambito esso potrebbe occuparsi di: attivare la capacità di leggere vecchie e nuove forme di discriminazione; risvegliare una maggiore attenzione rispetto ai problemi di razzismo e stereotipia; sensibilizzare all’accoglienza ed alla disponibilità a comunicare con chiunque si presenti a scuola, qualunque sia il suo livello di cultura e di padronanza dell’italiano; sviluppare la capacità di collaborare con i colleghi, i bambini, i genitori, gli enti locali, le comunità straniere presenti sul territorio, in un’ottica di compartecipazione; rafforzare l’idea di cittadinanza e di coscienza dei diritti umani; favorire l’assunzione di comportamenti attivi rispetto ai problemi. Dal punto di vista didattico il piano potrebbe: sollecitare la sensibilità linguistica, fornendo competenze settoriali anche in ambito plurilingue; aiutare a padroneggiare metodologie specifiche, soprattutto per quanto concerne l’apprendimento della lingua italiana da parte di quegli alunni che conoscono solo la loro lingua madre; favorire la presa di coscienza delle dimensioni culturali implicite nell’organizzazione dei saperi; consentire una preparazione specifica rispetto ai processi legati all’insegnamento, con particolare attenzione all’insuccesso scolastico, a cui proprio i bambini stranieri sono più spesso soggetti .

Per poter essere realizzato progetto educativo interculturale richiede la partecipazione di

maestri consapevoli ed all’altezza del compito che dovranno svolgere. Si tratta di personale

capace di riconoscere condizioni di disagio e di intervenire nelle situazioni di svantaggio, uti-

lizzando competenze comunicative, relazionali, didattiche; di operatori disposti ad esplorare le

differenze culturali; di educatori in grado di insegnare a tutti gli allievi il rispetto dei valori

etici universalmente condivisi. Una professionalità così articolata non si limita a dare cono-

scenze (istruire), a costruire abilità operative e mentali che diano come risultato cittadini com-

petenti e capaci ( formare ), ma si preoccupa di elaborare valori capaci di motivare l’azione

dei singoli soggetti e di orientarne il comportamento ( educare ).


Conclusioni


La scuola elementare italiana si propone come una risposta ai problemi degli alunni stranieri che entrano a farne parte. Si fa luogo di accoglienza, adatta i propri programmi alle esigenze degli allievi immigrati, attua l’insegnamento dell’italiano lingua seconda, non solo dal punto di vista strumentale, ma anche e soprattutto in qualità di mezzo che consente di comunicare e, conseguentemente, di integrarsi nella nuova comunità di appartenenza. Finora, però, ci si è orientati soprattutto nell’ottica dell’insegnamento dell’italiano L2, con l’idea di fornire agli stranieri uno strumento attraverso il quale pervenire alla propria integrazione nella società ospitante (l’italiano = lingua di contatto), e in quella della diffusione della cultura italiana. Ciò non è sufficiente per educare in chiave interculturale. Se vuole svolgere pienamente il ruolo che la comunità di cui è espressione le affida, la nostra agenzia educativa deve impegnarsi ad apprezzare e valorizzare tutti gli idiomi e le culture con le quali i suoi studenti vengono quotidianamente in contatto, per insegnare la comprensione tra soggetti che sono sì di origine e formazione differente, ma che sono accumunati dall’appartenere al genere umano . E’ proprio questa interazione tra le genti che costituisce la sfida del terzo millennio, sfida che la scuola non può né deve assolutamente perdere.


Bibliografia


Caritas di Roma, Immigrazione. Dossier statistico 2000, Roma, Anterem 2000 , e le sue edizioni precedenti e successive. ( per chi volesse farsi un’idea statistica delle proporzioni del fenomeno

migratorio, in Italia e non solo)


Programmi didattici per la scuola primaria, D.P.R: n°104 del 12 febbraio 1985 ( altrettanto interes-

sante, anche per i non addetti ai lavori, per una ricerca relativa alle

indicazioni interculturali in essi contenute.)


Giovannini G. ( a cura di) Allievi in classe, stranieri in città. Una ricerca sugli insegnanti di scuola

elementare di fronte all’immigrazione , Milano, FrancoAngeli,1998


M.P.I. Coordinamento Direzione Generale Istruzione Elementare, Commissione nazionale per l’educazione interculturale CD-ROM “Educazione interculturale nella scuola dell’autonomia”,

Parma, Spaggiari, 2000




















[1] Jean Jacques Rousseau. Possiamo considerarlo quasi un uomo del nostro tempo: come noi, egli è vissuto in un’epoca

di passaggio ( tra l’età dell’Illuminismo e quella del Romanticismo ) ed è stato pertanto testimone dell’evoluzione di una mentalità. La sua ricerca filosofica e pedagogica ha come punto centrale l’uomo, buono per natura, ma reso egoista ed ostile agli altri dall’istituzione della proprietà privata, che è causa di disuguaglianza economica e sociale. Per colpa di questa motivazione si determinano negli individui atteggiamenti di diffidenza, freddezza, paura nei confronti degli altri, visti come minaccia al mantenimento del benessere acquisito ( credo sia quasi superfluo sottolineare come, nono-stante siano passati più di due secoli, queste giustificazioni agli atteggiamenti xenofobi continuino ad essere attua-lissime ). Per rieducare alla benignità perduta è necessario ricondurre la natura umana alla sua essenza primitiva, priva di vizi e passioni. In questo modo si formano individui liberi ed uguali, capaci di costruire una società fondamentalmen-te giusta perché si occupa del benessere di tutti i suoi componenti. Emilio (che è contemporaneamente il titolo del tratta-to pedagogico di Rousseau e il nome del personaggio che sarà formato in base al modello educativo che l’autore ci propone ) rappresenta l’uomo ideale, cresciuto fuori dalla società per non subirne gli influssi negativi. Al termine della

opera per il giovane, che ha ormai quasi completato il suo percorso di crescita, si prevede un momento di educazione sociale e civile, da concretizzarsi attraverso dei viaggi. Essi saranno occasione di studio di civiltà e di lingue diverse dalla propria e forniranno lo spunto per una riflessione sulle relazioni umane, riflessione che costituirà il punto di partenza per la costruzione di corretti rapporti relazionali da parte di Emilio, e che gli consentirà di istruirsi, di miglio-rare in bontà e saggezza, dato che farà proprie le virtù di altri popoli. Nei suoi scritti il pensatore rigetta l’intolleranza religiosa e sociale, che sono forme di pregiudizio; al contrario, il sentimento che ciascuno dovrebbe provare verso gli altri dovrebbe essere la pietà, che consente di immedesimarsi nei problemi e di condividere i sentimenti altrui.



[2] Tra la fine del Settecento e il primo trentennio del secolo successivo il pedagogista Enrico Pestalozzi attua i principi teorici formulati da Rousseau. Il Nostro condivide con il suo “maestro “ l’idea che l’uomo sia fondamentalmente buono, ma minato nella sua integrità dal peccato originale. Per ricondurlo allo stato primordiale occorre educarlo ( questa volta all’interno della società ), insegnandogli a credere in se stesso e negli altri. Il pensatore propugna la costruzione, da parte di uomini liberi ed intelligenti, di rapporti interpersonali basati sul rispetto reciproco. Nell’esperienza della sua scuola di Yverdon, nel cantone svizzero Vaud, si può leggere un primo tentativo di realizzare una scuola interculturale, dato che in essa egli raccolse studenti e collaboratori provenienti da vari Paesi, in un’ottica veramente cosmopolita.



[3] Emile Durkheim, vive ed opera tra la seconda metà dell’Ottocento e gli inizi del Novecento. Si tratta di un esponente della corrente filosofica del Positivismo, caratterizzata da una grande fede nel progresso e nell’uomo. Egli dà molto rilievo all’educazione. Grazie ad essa l’uomo si appropria degli usi, dei costumi, delle regole, dei valori e dei principi della società ed impara a comunicare con i suoi simili, costruendo rapporti interpersonali fondati sull’altruismo. Nel-la sua teoria si compenetrano l’aspetto soggettivo, espresso sotto forma di valorizzazione dell’individualità, e quello sociale, come superamento dell’egocentrismo ed acquisizione del legame con gli altri. In essa si possono cogliere i ger-mi dell’idea di intercultura, dato che si riconosce il valore di qualunque identità e si ravvisa la necessità di andare oltre l’interesse personale per aprirsi agli altri e costruire una società migliore.






[4] Dai Programmi didattici per la scuola primaria D.P.R.104 del 12 febbraio 1985

Lingua italiana

“ ...b )la lingua è strumento per stabilire un rapporto sociale: più precisamente consente di comunicare con gli altri e di agire nei loro confronti;

…e )la lingua è un oggetto culturale che ha come sue dimensioni quella del tempo storico, dello spazio geografico, dello spessore sociale ….

… La lingua ha un ruolo centrale nella scuola elementare ….Pertanto, i compiti della scuola elementare sono i seguenti:

…b ) potenziare nell’alunno la capacità di porsi in relazione linguistica con interlocutori diversi per età, ruolo, status ecc. e in diverse situazioni comunicative, usando la lingua nella sua varietà di codici, di registri e nelle sue nu-

merose funzioni;

…e ) avviare l’alunno a rilevare che la lingua vive con la società umana e ne registra i cambiamenti nel tempo e nello spazio geografico, nonché le variazioni socioculturali; utilizzare queste dimensioni della lingua per attivare in

lui la capacità di pensare storicamente e criticamente.”


[5] Dai Programmi didattici per la scuola primaria

Lingua straniera

“…La finalità è quella di:

…b ) permettere al fanciullo di comunicare con gli altri attraverso una lingua diversa dalla propria;

c ) avviare l’alunno, attraverso lo strumento linguistico, alla comprensione di altre culture di altri popoli.”


[6] Dai programmi didattici per la scuola primaria

Educazione all’immagine

“ L’immagine è un messaggio affidabile alla pluralità di segni non riconducibili a un solo codice …Per rendere comprensibile l’immagine …si deve essere in grado sia di decodificare i codici utilizzati …, sia di interpretarne il contesto comunicativo. L’educazione all’immagine si delinea come attività diretta al conseguimento della competenza espressiva e comunicativa …In questa prospettiva …si affianca all’educazione linguistica, all’educazione musicale, all’e ducazione motoria, ecc., in quanto l’immagine, come la lingua verbale, il suono musicale, il gesto, ecc. appartiene all’universo del linguaggio, inteso come opportunità di simbolizzazione, espressione, comunicazione.”


Educazione al suono e alla musica

“ Il complesso mondo dei suoni, costituito dalla realtà acustica “naturale “ e prodotto dalle culture e tecnologie, ha sempre avuto un ruolo di primo piano nella vita del fanciullo e in modo particolare nel processo cognitivo. L’ascolto e l’analisi guidata dei suoni sono due aspetti iniziali di una serie di attività ,quali ….ascolto di brani che propongano musica dei diversi popoli relativa agli aspetti della loro vita…; di brani di musica di diverse epoche e diverso stile…; di brani di musiche tipiche.“


Educazione motoria

“ … si propone di:

…concorrere allo sviluppo di coerenti comportamenti relazionali mediante la verifica, vissuta in esperienze di gioco e di avviamento sportivo, dell’esigenza di regole e di rispetto delle regole stesse sviluppando anche la capacità di iniziativa e di soluzione dei problemi; collegare la motricità all’acquisizione di abilità relative alla comunicazione gestuale e mimica, alla drammatizzazione, al rapporto tra movimento e musica, per il miglioramento della sensibilità espressiva …”


[7] Dai Programmi didattici per la scuola primaria

Matematica

“ L’educazione matematica contribuisce alla formazione del pensiero nei suoi vari aspetti … Essa tende a sviluppare, in modo specifico, concetti, metodi e atteggiamenti utili a … formare le abilità per interpretare criticamente

(la realtà) e per intervenire criticamente su di essa ….

Obiettivi :

…risolvere problemi …che offrono possibilità di risposte diverse, ma ugualmente accettabili “


Probabilità

“Obiettivi del primo e del secondo anno: in situazioni problematiche tratte dalla vita reale e dal gioco, usare in modo significativo e coerente le espressioni: forse, è possibile, è sicuro, non so, è impossibile, ecc. ”


[8] Dai Programmi didattici per la scuola primaria

Scienze

“… L’educazione scientifica si pone come obiettivi fondamentali:…

a ) lo sviluppo di atteggiamenti di base nei confronti del mondo, come la tendenza a porre proprie domande, o a coglierle nel discorso degli altri come motivazione all’osservazione ed alla scoperta; l’intraprendenza inventiva, soprattutto per quanto riguarda la formulazione di ipotesi e spiegazioni; l’abitudine ad identificare entro situazioni complesse singoli elementi ed eventi e la attenzione alle loro relazioni; …l’autonomia del giudizio, accompagnata dal-

la disponibilità a considerare le opinioni altrui ed a confrontare queste e le proprie con i fatti ;…”

[9] Dai Programmi didattici per la scuola primaria
Storia, geografia, studi sociali

“ L’oggetto di queste discipline è lo studio degli uomini e delle società umane nel tempo e nello spazio, nel passato e nel presente e riguarda tutte le loro diverse dimensioni: quella civile, culturale, economica, sociale, politica e re- ligiosa .

L’insegnamento della storia persegue due obiettivi generali:

a ) avviare il fanciullo a costruire la propria identità culturale come presa di coscienza della realtà in cui vive;…

…I due obiettivi generali si fondano sul perseguimento di obiettivi specifici quali:

il superamento da parte del fanciullo della percezione di sé come perno e misura della realtà per avviarsi a sentire se stesso partecipe di un processo che ha radici e dimensioni che lo travalicano; la consapevolezza che ogni giudizio e ogni discorso storico devono avere la loro fondazione nella ricerca e nella conoscenza delle fonti e nel rigore metodologico; … la crescente consapevolezza che i problemi con i quali l’uomo si è dovuto confrontare si sono presentati in modi diversi e hanno avuto soluzioni diverse in rapporto alle condizioni generali, ovvero ai “ quadri di civiltà”, che hanno caratterizzato i vari periodi della vita umana.

Poiché la scuola elementare si propone di porre le basi per la formazione del cittadino e per la sua partecipazione attiva alla vita sociale, politica ed economica del Paese, è essenziale che essa fornisca gli strumenti per un primo livello di conoscenza dell’organizzazione della nostra società nei suoi aspetti istituzionali e politici, con particolare riferimento alle origini storiche e ideali della Costituzione.

Mentre la formazione al confronto con gli altri, allo spirito critico, alla convivenza democratica costituisce un obiettivo e un metodo comune a tutti gli insegnamenti, è compito specifico degli studi sociali, sulla base delle finalità generali indicate, perseguire i seguenti obiettivi:

far acquisire conoscenza riflessa delle regole e delle norme della vita associata, in particolare di quelle che consentono processi democratici di decisione; far acquisire consapevolezza del significato della legge anche in

funzione dei fondamenti del sistema giuridico proprio di uno stato di diritto;…

….favorire atteggiamenti di disponibilità alla verifica, per sottrarre quest’area conoscitiva ad una trasmissione ideologica …

….Per rendere possibile al ragazzo che esce dalla scuola elementare procedere nella conoscenza e nella comprensione del mondo sociale, è necessario prendere in esame anche elementi relativi alla organizzazione politica nazionale ed internazionale …e al sistema giuridico che la regge.”



[10] Dai Programmi didattici per la scuola primaria


Religione

“ La scuola riconosce il valore della realtà religiosa come un dato storicamente, culturalmente e moralmente incarnato nella realtà sociale in cui il fanciullo vive …. è compito della scuola promuovere ….

a ) la conoscenza degli elementi essenziali per la graduale riflessione sulla realtà religiosa nella sua espressione storica, culturale, sociale;

b ) la conoscenza e il rispetto delle posizioni che le persone variamente adottano in ordine alla libertà religiosa;”



 












































































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