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sabato, aprile 26, 2008

torri d'artista



torri d'artista

Posted by natashalardera


Sam Rodia è figlio di immigrati italo-americani provenienti da Serino, paese in provincia di Avellino, sbarcati a Los Angeles alla fine dell'800. Dopo un matrimonio fallito, un forte amore per la bottiglia, un lavoro come minatore, e tante critiche contro il suo paese d’adozione, Sam si “da una regolata”, si trova un lavoro, e nei ritagli di tempo, per 30 anni, costruisce nel cortile triangolare di casa sua a Watts, un quartiere di South Central Los Angeles, abitato in gran parte da immigrati, un complesso di torri altissime (la più alta misura 30 metri), con mosaici fatti di materiali di fortuna - pezzi di ferro decorati con cemento, cocci di bottiglia, conchiglie e tutto quello che gli capitava sottomano. Dopo tanto lavoro, un caduta dalla torre, e due giorni di sonno, Sam molla tutto e si sposta dai parenti nella vicina Martinez, lasciandosi il passato alle spalle. Senza rimorsi, ma tante pillole di saggezza. Questo è il cuore di I Build The Tower documentario scritto, diretto, e prodotto da Edward Landler e un nipote di Rodia stesso, Brad Byer. Il lavoro racconta l'eccezionale personalità di Sam Rodia e la sua storia di vita. “Ci sono tre classi di persone in questo mondo,” la voce tremante e senza denti di Rodia accompagna le sue immagini in bianco e nero, “I ricchi, la borghesia e i poveri. Ma i poveri non sono liberi, e le donne non sono libere, vengono guidate dai boss.” Sono tante le frasi dette dallo “Zio Sam”, come tutti lo chiamavano, che appaiono in questo documentario non solo su delle torri colorate, ma anche su un uomo difficile da capire, un uomo sull’orlo tra il genio e la pazzia. Rodia ne ha per tutti, per Cristoforo Colombo, per molti presidenti americani, per i ricchi ed i poveri, ma anche tanto su se stesso. “Ero uno degli uomini peggiori d’America,” ripete più volte. Però questo uomo “cattivo” era amato da molti che da lontano lo osservavano arrampicarsi sulle torri, e quando le autorità locali volevano abbattere l’opera di questo architetto fai da te, tutti si sono mobilitati in difesa delle Watts Towers, poi diventate sede di un importante centro culturale, rendendo le sue torri un inno alla libertà in sintonia con gli ideali a stelle a strisce più tradizionali e autentici. Una vera e propria cattedrale nel deserto suburbano losangelino, simile a prima vista alle torri dell’incompleta Sagrada Familia di Antonio Gaudì. Rodia non conosceva l’architetto spagnolo, ma le influenze sembrano forti, non solo nelle torri ma nell’uso della ceramica e del mosaico, simili a quelli del bellissimo (e coloratissimo) Park Güell. Molti hanno proposto che le torri diventino il simbolo ufficiale di Los Angeles, come il Golden Gate è il simbolo di San Francisco. Ma vorrebbe Sam diventare simbolo per l’America? Il paese dove è stato portato “per colpa” dei suoi genitori a tenera età? “Sam Rodia verrà ricordato come uno degli scultori più importanti del ventesimo secolo,” ha dichiarato l’architetto ed inventore R. Buckminster Fuller, ma guardando il documentario si ha l’idea che quest’uomo non era solo un grande artista, ma molto di più. Il documentario combina con successo footage in bianco e nero dove Rodia parla direttamente allo spettatore (“Galileo ha costruito una torre, e allora anch’io, ma diversa,” dichiara Sam), immagini a colori delle torri, interviste con amici, parenti, e altri esperti in argomento, fotografie e film sugli immigrati, risultando in un ritratto completo che, con successo, intrattiene, lascia pensare, e riesce anche a commuovere.

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