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domenica, aprile 27, 2008

Odissee



Odissee

Posted by natashalardera






New York City, meta di milioni di persone provenienti da tutti gli angoli del mondo, ogni persona con la sua storia, il suo passato, paure, voglie, desideri e sogni. Città piena di amanti dell'avventura che, in ricerca di emozioni nuove o addirittura di una vita nuova, hanno lasciato la stabilità del passato per iniziare questo processo di scoperta interiore e di successo professionale.

Nascosti nei disparati ristorantini italiani della città, dietro al bar, ad un piatto di pasta fresca o ad una sigaretta fumante, si incontrano ragazzi più o meno della stessa età , con sogni nel cassetto simili e con l'impressione di non riuscire a realizzarli in nessun'altra città. Ci si incontra per caso, dall'abbigliamento e dall'accento ci riconosciamo e timidamente ci avviciniamo pronunciando la sola ed unica frase "Sei Italiano?"

Questa è l’immigrazione di oggi, quella fatta con l’ aereo, con il visto già nel passaporto, e una casa affittata su craigslist. Non è piu quella delle navi, della povertà e malattia o dei cadaveri gettati a mare, ma senza quest’ultima noi ora non steremmo qua.

Odissee. Canti e storie di mari e migranti, è un testo ispirato a "Odissee. Italiani sulle rotte del sogno e del dolore" di Gian Antonio Stella, corrispondente del Corriere della Sera e autori di libri, accompagnato dalla ricerca storica musicale e nuove canzoni di Gualtiero Bertelli. Odissee è stato presentato alla Casa Italiana Zerilli Marimò dall’autore con la Compagnia delle Acque, composta da Gualtiero Bertelli (voce, chitarra, fisarmonica) Rachele Colombo (voce e chitarra), Paolo Favorido (piano), and Giuseppina Casarin (voce).


Nonostante la noiosa pioggia di fine ottobre, intellettuali della comunità italiana ed italo/americana hanno partecipato con entusiasmo a questi novanta minuti di parole taglienti e di musica folkloristica melodica, densa di atmosfere, di sogni, e di malinconie.


Sulla scena, accompagnato dai musicisti, troviamo Gian Antonio Stella, che con l'aiuto di foto storiche racconta il rapporto spaventoso tra gli italiani e l' oceano, un’enorme barriera d'acqua che pareva separare la miseria dell’Italia, dov’eri cibo per le bestie, dalla ricchezza della Merica, terra promessa dalle strade d'oro.

I fortunati riescono a sopravvivere giornate passate gli uni ammassati agli altri, mentre gli sfortunati vengono accolti negli abissi dei numerosi naufragi. “La nave Utopia affonda,” spiega l’autore, “presagio o pura coincidenza?” si chiede il pubblico che non può evitare di sorridere all’ironia del nome. Si al momento la cosa può sembrare simpatica, ma non lo è per niente. Importante però è vedere che il pubblico si fa talmente trasposrtare che ha delle reazioni forti, giuste o sbagliate che siano. Ci si fa cullare da questo ritmo bilanciato di storie ed immagini, alernata da musica e canto. E si pensa, si pensa tanto perchè quasi tutti abbiamo, direttamente o no, già sentito storie simili.


Dopo i racconti e con quell poco di conoscienza che già si ha in materia,
il dubbio perô nasce spontaneo…meglio non arrivare mai in quel paese dove si raccoglievano monete d’ora dagli alberi o arrivarci e rimanere delusi, e vivere comunque sempre in uno stato di povertà? E Stella ci fa notare le immagini di uomini, donne e bambini (spesso le vittime più frequenti) ammassati sul molo, ma in contrapposizione ci mostra anche i passeggeri di prima classe, signori in sale da pranzo con le colonne di marmo e manicaretti prelibati, in camere da letto grandi e lussuose e con bagni delle dimensioni di un bilocale a Manhattan. Si parla poco di questi personaggi, che anche loro si spostavano da un paese all’altro, anch eloro hanno fatto la storia dellAmerica.

L'incredibile naufragio del Sirio, a tutto vapore sugli scogli senza carte nautiche o l'agonia del Carlo R. che, col colera a bordo, tentò di arrivare in Sud America per non restituire i soldi dei biglietti. Le storie che colpiscono maggiormente sono quelle dei poveretti. Le parole di Stella rendono più che concreto quel passato che noi non possiamo conoscre in modo diretto, e aprono uno spaccato duro e toccante su un passato dimenticato ma che ci ha decisamente plasmato.

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