Ricerca

risultati

martedì, giugno 03, 2008

L'incontro con la cultura tedesca


L'incontro con la cultura tedesca




Federica Ricci Garotti

Voglio dedicare questo lavoro ai miei Maestri Paolo Balboni e Gianfranco Porcelli: l’uno è responsabile del mio interesse per la didattica, grazie al suo carisma che inutilmente continuo a cercare di imitare; l’altro mi ha aperto gli occhi sul concetto di difficoltà linguistica.
E naturalmente, con tutto l’amore, a Martino e Margherita che si rifiutano di essere bilingui.

1. Tre principi alla base dell’incontro linguistico
2. Differenze tra approccio naturale e apprendimento
3. Uso esclusivo della lingua seconda?
4. Una chiave metodologica: l’approccio tematico
5. Elementi di programmazione
6. Due attività tematiche esemplificative
Bibliografia


































1. Tre principi alla base dell’incontro linguistico
Per proporre ai bambini l’avventura della lingua seconda in maniera corretta ed efficace non bisogna lasciare che sia semplicemente il caso, o la nostra intuizione del momento, a guidare il percorso didattico-educativo. Non è nemmeno necessario, però, ricorrere alle troppo numerose teorie, che spesso hanno il difetto di non essere sperimentate. Pochi, solidi principi stanno alla base dell’acquisizione linguistica e del modo in cui è opportuno favorirla. Ne enunciamo tre che sembrano essere i più indicati al nostro contesto di età prescolare.


Spiegami e io mi dimenticherò
Mostrami e io mi ricorderò
Fammi fare e io imparerò

Credo che poche altre parole abbiano la forza di questo motto, attribuito ad un aforisma cinese (ma l’attribuzione è molto dubbia). Per quanto mi riguarda io lo scrivo in grande su un cartellone che tengo appeso stabilmente nelle aule in cui tengo i miei corsi, non solo perché gli studenti (futuri insegnanti o insegnanti già in servizio) lo abbiano sempre sotto gli occhi, ma soprattutto per evitare a me stessa di cadere nella tentazione della lezione esclusivamente oggettiva, che inevitabilmente verrà dimenticata.
Per quanto sia mia convinzione che tutta la scuola dovrebbe attenersi alla morale enunciata in questo detto, (intendo con questo tutti i livelli di scuola, dalle elementari alle scuole superiori), questo principio risulta tanto più valido nella fase pre-scolare, negli anni della scuola materna. Sono questi gli anni in cui il bambino, dopo aver osservato e ascoltato con attenzione, incamerando in poco tempo una gran quantità di dettagli, ha bisogno di imparare facendo. Non può separare il mondo dell'astrazione da quello dell'esperienza. Ciò è valido per la lingua materna come per la lingua straniera, che non può essere presentata in maniera analitica, strutturata, sistematizzata, bensì secondo un approccio globale: l’analisi, la formalizzazione, la sistemazione delle informazioni avverranno solo in un secondo momento. Parlando di approccio globale si intendono due cose: globalità dell'approccio, ossia coinvolgimento di tutta la persona che dovrà appunto, fare e non solo ascoltare; globalità interna alla lingua stessa, che non dovrà essere semplificata o spezzettata nella sua presentazione, bensì proposta tutta intera, ovviamente calibrando a dovere il tipo di input che si offre. L'input ha un'importanza radicale. Deve corrispondere a due criteri precisi: essere comprensibile e significativo per i bambini. Significativo per i bambini è ciò che per loro è riconoscibile e riconoscibile è ciò che è vicino al loro mondo: giochi, canzoni, filastrocche, favole sono da sempre i linguaggi più indicati. Gli animali, la natura, i giochi, il mondo dell’immaginario e della fantasia sono, tra gli altri, gli argomenti più familiari per i bambini. Anche la comprensibilità ha un ruolo fondamentale. Per i bambini la lingua è tanto più comprensibile quanto più viene presentata in maniera visibile: descrivere i gesti e le azioni, fare uso di immagini e musica accanto alle parole, presentare, mostrandoli, gli oggetti conosciuti sono il modo più idoneo affinché la lingua risulti da subito comprensibile.
Questo concetto di visibilità, che inevitabilmente mette accanto alla lingua altre espressioni corporee, ci porta al secondo principio che voglio enunciare. E' un principio non nuovo nella storia della pedagogia, ben espresso nel motto di Pestalozzi, secondo cui si insegna e si apprende

con la testa col cuore e con la mano

Questo approccio "totale", cioè che avviene con tutti i sensi, é stato approfondito negli anni '60 da John Asher, padre del Total Physical Response. Il bambino (ma anche l'adulto, sebbene in maniera diversa) impara con tutti i sensi, impara sì ascoltando, ma anche facendo, guardando, gustando.
E’ vero che, a partire dalla fine degli anni '70, gli studi sulla varietà dello stile di apprendimento nell’individuo hanno individuato diverse “tipologie”. E’ anche vero che nell’apprendimento adulto il bisogno di sistematizzare i saperi è più forte e richiede anche un approccio formale. Ma qui é bene ricordare che la globalità riveste un ruolo ancora dominante nella crescita del bambino fino alla scuola elementare: le attività da proporre al bambino devono essere quindi complessive, integrate, luoghi in cui la lingua accompagni sempre altre espressioni, corporee, artistiche, manuali, visive, acustiche, spaziali. L'approccio multisensoriale attiva tutto il sistema neurologico, per cui la percezione sensoriale è il primo gradino di ingresso dell’acquisizione linguistica. Attraverso le sue percezioni, il bambino fissa nella memoria lunga tutto ciò cui viene esposto, a patto che (e questa è una conditio sine qua non) l’esposizione non avvenga per un tempo troppo breve. Quest’ultima annotazione ha una implicazione fondamentale per la metodologia e precisamente la necessità che l’input linguistico sia sì vario, ma soprattutto ripetuto. Non ha senso proporre materiali sempre diversi ogni giorno, con la preoccupazione di motivare e non annoiare il bambino: una delle poche regole dell’acquisizione linguistica sta proprio nell’offerta ripetuta di una serie di situazioni, ovviamente secondo un ordine non casuale. Questo argomento, poiché di grande importanza, verrà approfondito nel paragrafo riguardante gli aspetti metodologici.
Il terzo principio, ben espresso dalla formula tedesca kein Neubau, sondern ein Umbau, é che l'approccio alla lingua non deve essere una nuova costruzione, bensì un modo nuovo di elaborare ciò che il bambino già possiede. Imparare infatti (anche la lingua straniera) non significa mettere insieme mattoncini uno sopra l'altro, bensì creare nuove combinazioni, in un numero pressoché infinito di variabili. Si tratta in fondo della semplificazione dell'idea di Wittgenstein secondo cui si può imparare solo quello che già si conosce, che Ausubel descrive in maniera eccellente quando dichiara che non si può “imparare quello che non si sa, ma si può convertire in uso quello che già sappiamo e che stiamo acquisendo”. Questo significa offrire al bambino degli spunti su esperienze e oggetti noti, elaborando e ricostruendo nuovi scenari, a partire da un diverso codice linguistico. Il riferimento enciclopedico (che nel bambino afferisce al mondo sensoriale) deve essere sempre presente nelle proposte di attività da svolgere nella lingua straniera che, a questo punto appare chiaro, saranno oggetto di programmazione trasversale con le altre insegnanti curricolari del gruppo classe; la lingua non dovrà essere vista come qualcosa di estraneo alle normali attività della scuola materna. Giustamente é stato osservato dalle insegnanti stesse quanto queste osservazioni pedagogiche siano trasferibili dalla lingua alle altre attività della scuola materna (o viceversa) e costituiscano la base di qualsiasi programmazione didattica.
Come si vede i principi enunciati stanno tra loro in un rapporto dialettico: non si tratta di una gerarchia, bensì di una struttura a rete, ove ognuno dei principi enunciati é collegato agli altri da una relazione di interdipendenza.

Indice









































2. Differenze tra approccio naturale e apprendimento
Va subito sottolineato, per non dare adito ad equivoci, che l'obiettivo di questa esperienza di introduzione della lingua straniera nella scuola materna non é l'apprendimento, bensì l'incontro con una lingua. La lingua non deve essere una "materia" da apprendere, bensì un modo per avviare piacevoli e nuove attività. La prima conseguenza di questa tesi é che le attività in lingua straniera dovranno essere inserite nel curriculum quale fattore trasversale e come tali entrare a far parte a tutti gli effetti del mondo che il bambino incontra nella scuola materna. Lo scopo principale non é la competenza linguistica, bensì la convinzione che l'esistenza di altre lingue, e di altri modi per narrare, descrivere, dialogare sia vissuta dal bambino come un fattore di normalità, quando non di abitudine. Per questo motivo la lingua, come si è affermato, verrà usata esclusivamente come veicolo di giochi, filastrocche, canzoni, attività motorie.
Ma qual è in realtà la differenza tra apprendimento e acquisizione della lingua?
Prendiamo il caso di una maestra, armata delle migliori intenzioni, che si presenta un giorno ai bambini con una Handpuppe (può essere un animale, ad esempio un porcospino). Tra l'insegnante e la Handpuppe si svolge un dialogo, di questo tipo:

H. Hallo!
I. Hallo Miki, wie geht's dir?
H. Ich habe Hunger!
I. Du hast Hunger? Hier! Ein Apfel für dich! (dà una mela alla marionetta)
H. Danke! Möchtest du auch einen Apfel?
(Va verso un bambino e gli porge la mela. Secondo lo schema previsto dall'insegnante il bambino dovrebbe ripetere la sequenza: prendere la mela, ringraziare e passarla all'altro bambino che fa la stessa cosa col vicino e così via)

Questa attività, puramente fittizia, ha lo scopo evidente di far apprendere ai bambini una formula rituale di ringraziamento e/o di offerta (vuoi una mela?), tramite la sua ripetizione. Questo tipo di attività non risponde ai criteri di significatività sopra citati; infatti per i bambini non ha nessun senso passare una mela che viene offerta, senza poterla mangiare! Inoltre non ci sono attività multisensoriali (anzi, il gusto viene solo simulato), e la partecipazione attiva dei bambini é evidentemente finta; in realtà tutto quello che si richiede è passare una mela senza alcuna motivazione. Il patrimonio esperienziale del bambino (ad esempio la mamma che gli offre una mela e lui che la mangia) non solo non viene preso in considerazione, ma viene anzi smentito nell'azione proposta dal gruppo classe.
E’ evidente che si tratta di un esempio in negativo, cioè di come non bisogna procedere con un gruppo di bambini. Nella parte relativa alle esemplificazioni di attività si troveranno alcune proposte di lavoro concrete. Qui preme sottolineare quanto sia diversa la nozione di apprendimento da quella di acquisizione e non solo nel senso indicato da Krashen.
Krashen (1987) intende soprattutto rilevare la differenza tra l’apprendimento conscio, formale e sistematizzato della lingua (che nella maggior parte dei casi si traduce in insegnamento grammaticale o delle regole) e l’acquisizione inconscia, spontanea, che dovrebbe derivare dall’approccio comunicativo. In realtà la maestra dell’esempio è convinta, perfettamente in buona fede, di aver operato in ragione di un approccio comunicativo-inconscio e non formale-conscio; ha apprestato tutti gli strumenti necessari alla lezione non formale e all’uso, non alla teoria, della lingua: l’utilizzo della marionetta sembra dare l’illusione che il linguaggio usato sia vicino al mondo dei bambini; l’esemplificazione, anche se simulata, del gusto, può dare un’idea di quella percezione sensoriale che abbiamo vista necessaria; l’uso della lingua che accompagna come formula le azioni dei bambini può essere visto come comunicativo e non come una sistemazione scolastica delle frasi standard da sezionare nella loro struttura. Si tratta di errori molto comuni non solo nella scuola materna, ma più in generale nella scuola: si pensa generalmente che avere a disposizione del materiale appropriato e non soffermarsi ad analizzare le frasi o a far studiare la regola a memoria sia sufficiente a farci pensare che stiamo insegnando in maniera “comunicativa” e siamo dunque salvi dal fantasma del modello grammaticale o troppo scolastico.
In realtà, come ha fatto la maestra dell’esempio, stiamo lavorando in maniera non autentica, proponiamo attività non autentiche, simuliamo un uso che presumiamo naturale della lingua seguendo una determinazione di priorità linguistiche che ci siamo dati da soli, senza un reale riscontro con situazioni naturali. I bambini (ma anche gli adulti, sebbene in maniera diversa e con altre caratteristiche) non vogliono e non possono apprendere qualcosa che non riconoscono con l’obiettivo che potranno usarlo quando lo riconosceranno o nell’ipotesi che potranno applicare questa simulazione ad un contesto in cui questa si renderà necessaria. Non si impara “prima” qualcosa per usarla “dopo”, ma si impara mentre si fa. Il nostro obiettivo non deve essere quindi proiettato nel futuro (“ti faccio vedere cosa dovrai dire quando ti troverai in una situazione come questa”), ma nel presente: faccio e rifaccio qualcosa assieme a te, in modo che tu lo impari e lo usi adesso. In altre parole: la lingua che usiamo a scuola, anche nella scuola materna, è la lingua che ci serve alle attività che stiamo preparando ed attuando.
Non è l’attività che viene costruita in relazione alla lingua che voglio presentare, ma esattamente viceversa, è la lingua che viene proposta in relazione all’attività.
Si tratta di uno spostamento di accento semplice ma fondamentale, che costituisce il tratto distintivo dell’immersione linguistica e la sua differenza con l’insegnamento della lingua come materia. Questa annotazione comporta una nuova concezione dell’apprendimento e inevitabilmente un modo diverso di predisporre la programmazione: la lezione, il gioco, l’attività, il percorso didattico non devono essere programmati a partire dalla lingua, bensì a partire dalle attività in sé. La lingua segue, accompagna, descrive, aderisce a questa attività. Si tratta dell’idea di lingua come veicolo, che domina su quella della lingua come centro della nostra programmazione. E’ proprio l’idea dell’insegnamento linguistico, se noi l’abbiamo in testa, che ci porta a fare gli errori descritti sopra, pur con le migliori intenzioni e anche con gli strumenti adeguati: se invece inverto il procedimento e parto dalle tematiche, dalle attività che sono state giudicate necessarie e opportune, la lingua sarà ciò che rende possibile lo svolgimento di questi percorsi. L’ipotesi è che solo in questo modo ci si riesca a sganciare dall’apprendimento linguistico per andare verso un’acquisizione: perché si opera in maniera molto più vicina, e quanto più vicina possibile, alla crescita linguistica naturale, cioè quella che avviene nella lingua materna. Vorrei proporre a margine alcune riflessioni sul tema dell’ acquisizione nelle lingue cosiddette difficili, tra cui il tedesco ha l’onore di annoverarsi, secondo gli stereotipi linguistici più diffusi (spesso consolidatisi in leggenda). Tralasciando l’ovvia constatazione che se fosse possibile favorire questa acquisizione solo nelle lingue meno strutturate tutti i bambini del mondo parlerebbero non già l’inglese, la cui fraseologia è di per sé piuttosto ardua, ma una metalingua meno evoluta e composta esclusivamente di lessico e non di frasi compiute (e non si capisce come potrebbero bambini normalissimi diventare perfettamente bilingui, spesso e anche in due lingue strutturalmente piuttosto ostiche e molto diverse tra loro, come invece accade), mi soffermo sul principio già enunciato di lingua al servizio delle attività educative e didattiche. Il principio non cambia, sia che parliamo di tedesco, russo o francese, si arricchisce però di una necessaria constatazione relativa al ruolo della grammatica. E’ stato dimostrato ormai dall’esperienza (oltre che dalle ricerche) che la conoscenza delle regole non porta alla competenza linguistica. Il problema è che questo procedimento non porta nemmeno a quella grammaticale. Ci sono persone, educate allo studio del tedesco tramite le regole (e purtroppo sono molte), che continuano a fare gli stessi errori strutturali pur conoscendo le regole a memoria. La beffa, quindi, è duplice: queste persone non hanno competenza comunicativa (messe in situazione non sanno parlare), ma non hanno nemmeno competenza grammaticale (nello scritto continuano a fare gli stessi errori). Viceversa, persone che non hanno iniziato a studiare la lingua tramite la grammatica, possiedono una competenza comunicativa e riusciranno più facilmente ad acquisirne anche una grammaticale dopo un breve training di formalizzazione. Basterebbe questo a dimostrare quanto la lingua non possa essere applicazione di una conoscenza teorica. Pensiamo alla nostra competenza nella lingua materna: non si può negare che noi siamo competenti nella nostra lingua madre. Riusciamo ad esprimere ciò che intendiamo in situazioni contestualmente adeguate e lo facciamo, in relazione ai diversi tipi e alle diverse situazioni, in una maniera mediamente coerente e mediamente corretta. Ma non applichiamo una regola: abbiamo semplicemente in testa quello che ci serve. Questo patrimonio linguistico può essere tale anche in una lingua seconda: anche nella lingua seconda la grammatica può essere in testa, ben inteso quella grammatica che ci serve, di cui abbiamo bisogno per reagire nelle situazioni. La grammatica in testa è qualcosa che non si nota, non si osserva. E’ con questo principio che si deve operare: offrire una lingua autentica, non semplificata per paura della difficoltà, perché solo in una lingua autentica si può rispettare il principio della struttura inconscia; ammettere le riduzioni nella produzione dei bambini; offrire una lingua legata ad altri linguaggi, legata soprattutto alla capacità del bambino di comprendere (secondo i criteri della comprensibilità visti prima).
In questo il tedesco non è diverso dalle altre lingue. Tutti gli educatori e gli insegnanti di tedesco dovranno prima o poi accettare il fatto che non esistono lingue che hanno un primato di difficoltà sulle altre, così come non esistono lingue più adatte di altre all’approccio grammaticale o a quello comunicativo: esiste invece una base glottodidattica sui metodi di acquisizione linguistica, che può, è vero, svilupparsi in indicazioni diverse per ogni lingua, ma che resta comune a tutte le lingue. I principi enunciati in questa introduzione sono riferiti al tedesco ma potrebbero esserlo a qualsiasi altra lingua. Se continueremo con il pregiudizio che l’approccio naturale e creativo è tanto bello, ma non è adatto al tedesco, che va invece studiato come il latino (ammesso e non concesso che anche il latino non si possa apprendere in maniera creativa e comunicativa), non potremo più stupirci del fatto che questa bella ed importante lingua venga sempre avvicinata con sospetto e ansia. La nostra sperimentazione nella scuola materna ha dimostrato che il tedesco è musica, gioco, movimento e gioia e non solo grammatica e pronuncia ostica. Questo vuole essere un invito ad osare un cambiamento di mentalità e un approdo definitivo (finalmente) all’approccio comunicativo e naturale.
Ecco, per finire, un solo, semplice esempio di questi principi applicati al tedesco. Si chieda a un bambino tedesco, messo di fronte ad una serie di orsi di pezza, quale preferisce. Con ogni probabilità il bambino risponderà: “den”. Solo questo: den. Non dirà: das, perché non ha bisogno di ridurre la lingua presupponendo che il neutro, invariato, sia più semplice del maschile, che invece varia. E non dirà “Ich möchte den”, ossia non ripeterà la frase completa come invece spesso noi richiediamo ai nostri scolari, bambini compresi.
Dunque lo sforzo didattico va invertito probabilmente anche qui: anziché concentrare e far concentrare le nostre energie sulla completezza della frase (sforzo inutile e non necessario), cerchiamo di concentrarlo sulla autenticità della lingua: vera lingua, non semplificata, indipendentemente dalle difficoltà che a noi sembrano (e sbagliamo) ostacoli insormontabili per i discenti. Questi, ritengo, sono i doveri essenziali per chi si appresta al servizio (e ripeto: servizio) di far acquisire una lingua seconda.

Indice








































3. Uso esclusivo della lingua seconda?
Uno degli aspetti più dibattuti nel campo dell’immersione linguistica riguarda la frequenza e l’uso della lingua seconda con i discenti. Se i discenti sono bambini in età prescolare, lo scrupolo di non traumatizzarli con un impatto forte (uso esclusivo della lingua non materna) è giustamente e particolarmente da considerare. C’è il timore di aggredire i bambini con una esperienza molto lontana dalla loro realtà. Per questo motivo si è adottato un criterio di flessibilità nell’uso della lingua nel corso del primo anno di sperimentazione: le insegnanti usavano spesso anche l’italiano, non per motivi didattici, (cioè non perché fosse davvero necessario), quanto piuttosto per motivi affettivi. Ma già al termine del primo anno si è osservato che le insicurezze dei bambini nell’affrontare la lingua seconda erano state decisamente sopravvalutate.
L’abilità di comprensione, fatti salvi gli accorgimenti pedagogici già accennati, si rivela altissima in tutti i bambini e molti iniziano anche, già dopo il primo anno, con le prime produzioni spontanee e non ripetitive; ad esempio durante un gioco, o un’attività, è molto facile che i bambini si rivolgano ai compagni con l’invito, in tedesco, di fare in fretta, oppure dando indicazioni al compagno su ciò che deve fare. Degno di nota è anche il carattere misto di queste produzioni: i bambini coniano una lingua propria, mettendo insieme tutti gli elementi lessicali di loro conoscenza. Così accade ad esempio che una bambina dica “Ich nein cannuccia rot” (non ho la cannuccia rossa), oppure “mi dai bitte Brot”. In questo modo si dimostra che le produzioni sono del tutto simili a quanto avviene con la lingua materna, cioè che prima di formulare la frase strutturalmente corretta, il bambino riesce ad esprimere lessicalmente le sue intenzioni con la quantità e la qualità di lingua che ha a disposizione, che equivale a quella a cui è stato esposto. Si tratta di quello stadio “interim” della lingua che predispone ad una acquisizione completa, nel caso in cui ovviamente i meccanismi vengano attivati in maniera corretta.
Una conclusione da trarre è la seguente: non bisogna frenare troppo sulla quantità di lingua seconda con cui parlare al bambino. Anzi. Maggiore è la quantità di lingua offerta, migliori e maggiori saranno le possibilità per il bambino di assimilarla e rielaborarla autonomamente: i presunti blocchi psicologici-affettivi dei discenti sono molto più spesso un alibi degli adulti. E’ stato anche osservato che i bambini parlano più spesso nei momenti delle routine che non in quelli delle attività. E’ logico che sia così: le routine rivestono un’importanza fondamentale nell’acquisizione della lingua, poiché sono legate all’esperienza reale e tangibile del bambino, sono ripetute tutti i giorni o più volte al giorno, corrispondono ad altrettanti momenti che il bambino già conosce ed è quindi in grado di riconoscere: rispondono quindi a tutti i criteri elencati di significatività ed autenticità. Molto spesso l’ansia di procurarci materiali creativi, nuovi ed originali ci fa dimenticare che abbiamo a disposizione il materiale più utile: i gesti della nostra vita quotidiana da descrivere in lingua, da ripetere lentamente, con la pronuncia giusta e regolarmente.
Questa conclusione porta con sé due considerazioni necessarie per un approccio corretto:

1) l’insegnante che si occupa della lingua seconda deve possedere una alta competenza linguistica e non aver paura di sforzarsi a parlarla, anche qualora non si tratti della sua lingua madre
2) l’uso della lingua seconda deve avvenire soprattutto in quei momenti di vita comune che sono un patrimonio prezioso per le comunicazioni autentiche. Non si pensi alla mensa, alla pausa, al saluto inziale o finale come a un momento di “rilassamento” linguistico! Al contrario. I bambini sanno molto bene che queste comunicazioni sono autentiche, cioè attengono ad attività reali della quotidianità. Non a caso sono queste formule linguistiche che vengono memorizzate più in fretta e più in fretta riutilizzate.

Una osservazione degna di sottolineatura che dovrà fare riflettere ulteriormente sul meccanismo di acquisizione linguistica è che i bambini riescono ad assimilare la lingua in maniera assolutamente “pulita” sul piano fonetico (se l’esposizione è stata corretta), ma questo non vale per tutti i suoni: ad esempio l’Umlaut tedesco (ü, ö) non viene pronunciato. Al suo posto i bambini riproducono il suono vocalico noto nella propria lingua materna (u,o). Occorrerà verificare con ulteriori ricerche ed osservazioni se esiste una soglia per l’acquisizione fonetica ed eventualmente in quale misura.
L’esposizione del bambino alla lingua seconda o straniera non deve avvenire tramite una ripetizione delle stesse attività o aree tematiche trattate prima in italiano. So bene che è molto difficile evitare la lingua materna con bambini che per la prima volta incontrano una seconda lingua, specialmente se questo avviene in territori sostanzialmente monolingui. Mi si consenta questa espressione, anche se non è del tutto ortodossa: considerando infatti lingua qualunque codice comunicativo, non esistono, in realtà, territori monolingui: non solo la presenza di altre lingue, ma la semplice presenza dei dialetti, nonché le diverse sfumature e i diversi registri presenti all’interno di una stessa lingua basterebbero da soli a smentire l’idea del monolinguismo. In questa sede voglio però sottolineare la difficoltà di operare in immersione in zone che “ufficialmente” non contemplano la presenza di più di una lingua standard, o nazionale.. E’ chiaro che la flessibilità dell’educatrice nell’uso della lingua riveste un ruolo fondamentale, sul piano affettivo, per non perdere la motivazione dei bambini. E’ altrettanto importante però la consapevolezza di un uso autonomo della lingua seconda che non dipenda quindi direttamente e pedissequamente dalla lingua prima. In altre parole: la maestra di lingua seconda non dovrà adattare i suoi temi e le sue attività adeguandole a quelle svolte in lingua prima (il che trasformerebbe, di fatto, l’esperienza linguistica in una traduzione e in una ripetizione); occorrerà sforzarsi affinché le attività in lingua seconda possano inserirsi nel curriculum della scuola materna seguendo gli stessi criteri di quelle in lingua prima, senza però costituire una sovrapposizione.

Una possibile integrazione della lingua seconda nel curriculum potrebbe essere costituita dal seguente modello:

prima lingua seconda lingua

ove lo spazio riservato alla seconda lingua ovviamente cresca mano a mano che si procede. L’importante è che i due spazi non si sovrappongano ne’ si oppongano l’uno all’altro, e tanto meno si separino.
Fondamentale è che il modello non sia statico. Lo spicchio giallo riservato alla seconda lingua aumenterà di dimensione in maniera proporzionale al suo continuo ritorno: in altre parole sarà necessario ripetere ciclicamente, a spirale, le stesse attività, favole, giochi, conte, canzoni, più volte alla settimana. L’integrazione delle due lingue e dei due curricoli, in questo modo, presuppone anche un altro dato molto importante: l’assunzione di responsabilità dell’educatrice nei riguardi delle attività svolte nella propria lingua di lavoro. La regolarità e la frequenza di queste operazioni dovranno essere garantite. Sappiamo bene quanto sia importante per il bambino sentirsi ripetere le stesse cose, raccontare le stesse favole, giocare gli stessi giochi, usando sempre le stesse parole e precisamente quelle: acquisisce certezze attraverso la ripetizione significativa delle proprie esperienze e percezioni.
Una considerazione va sempre tenuta presente in questa sperimentazione: non esistono modelli di bilinguismo precoce in una situazione prevalentemente monolingue. Le sperimentazioni di bilinguismo in atto si riferiscono a territori con presenze più o meno marcate di una seconda lingua, sia essa di minoranza o paritaria dal punto di vista sociale. Non si tratta nemmeno di una realtà in cui convergono bambini che già in famiglia hanno esempi palesi di bilinguismo, come avviene nelle scuole europee. D’altra parte ritengo che sperimentazioni di questo genere saranno sempre più richieste e diffuse proprio per la sensibilità crescente in materia di competenze linguistiche, oltre che per la indubbia utilità del progetto sul piano educativo.
La scommessa dunque è vedere nel tempo se sia possibile un modello di immersione in una realtà non di minoranza, non di confine e non bilingue e se questa può andare al di là dei risultati che auspica Genesee (1999) quando definisce questo modello un “generale arricchimento linguistico, culturale e pedagogico”.
A questo proposito mi sembra possa reggere una nuova ipotesi linguistica adatta al caso specifico: il principio-chiave nell’immersione linguistica di “una lingua-una persona” potrebbe essere, nel nostro caso, sovvertito, qualora ad occuparsi della lingua seconda sia la stessa maestra di scuola materna e non un’esperta esterna. E’ chiaro a questo punto che il principio diventerebbe: una persona, più lingue. Questo andrebbe ad intaccare quello che finora è sempre stato uno dei cardini dell’insegnamento bilingue, cioè l’identificazione affettiva di una unica persona con una lingua e solo con quella.
D’altra parte abbiamo visto che anche ricorrendo ad esperti esterni di lingua madre non è stato possibile garantire un uso esclusivo della lingua seconda per i motivi già spiegati, anche se è indubbio che il bambino identifichi più facilmente una lingua straniera o seconda con una persona che sa provenire da quella cultura ed avere quella lingua come materna. I vantaggi di avere, però, una stessa maestra che lavora anche in lingua seconda non sono da sottovalutare e non solo sul piano organizzativo: da una parte è più favorito l’avvicinamento affettivo alla lingua e anche alla persona, che è già nota (quindi gran parte del lavoro di accoglienza e preparazione emotiva dei bambini alla nuova esperienza potrebbe essere assottigliata); dall’altra questa condizione favorisce l’integrazione della lingua seconda a pieno titolo nelle attività e nel curricolo della scuola materna. Non si rischia di fare diventare la lingua un’attività ricreativa o comunque “diversa”.
Senza scardinare completamente i principi dell’immersione e dell’insegnamento bilingue, che sono costati anni di ricerche, sperimentazioni e studi, farei l’ipotesi, semplicemente, di un obiettivo diverso: nell’immersione abbiamo l’ipotesi di un bilinguismo perfetto o pressoché perfetto del discente, mentre nell’insegnamento della lingua straniera come materia abbiamo come obiettivo l’apprendimento della lingua in oggetto. Direi che noi ci muoviamo in una via di mezzo tra le due ipotesi: se l’obiettivo non è rendere i bambini bilingui (condizione per la quale, non dimentichiamo, il contesto gioca un ruolo fondamentale) e non è nemmeno, come abbiamo visto, l’apprendimento della lingua seconda, potremo definire il nostro obiettivo, da un punto di vista linguistico, come una acquisizione iniziale di una lingua seconda, che altro non è che mettere le basi per una futura acquisizione completa. Questo, da una parte dà comunque già delle ipotesi metodologiche molto precise, mentre dall’altra non crea frustrazioni e false speranze nelle famiglie e nelle maestre. Resta comunque un dato fondamentale, che va al di là dell’aspetto linguistico e che a mio parere costituisce l’aspetto centrale della sperimentazione: il piacere dell’incontro con una nuova lingua e la possibilità di allargare indirettamente gli orizzonti esperienziali del bambino, aprendogli una porta su una realtà molto vasta e su un immaginario ancora più ricco di fantasia.

Indice













































4. Una chiave metodologica: l’approccio tematico
La prima esposizione significativa alla lingua seconda avviene attraverso la percezione dell’ambiente. Per questo è basilare dotare anche l’ambiente del Kindergarten di una serie di descrittori in lingua seconda che corrispondano ad altrettanti “luoghi di esperienza”: avremo così angoli quali la Kuschelecke, il Bauteppich, la Malecke, la Spielecke, la Puppenecke o Puppenstube… Allo stesso modo tutti i giochi dei bambini saranno riconoscibili anche in lingua seconda, sia quelli tradizionali (Blinde Kuh, Verstecken…), sia quelli inventati dalle educatrici.
L’aspetto tematico è, come abbiamo visto, molto importante: l’ideale sarebbe riuscire a far ruotare attorno ad un perno tematico (gli animali, una favola, la Pasqua, il Natale, le maschere) tutta una serie di attività pertinenti e legate tra loro. Questo facilita di molto l’aggancio con la lingua prima e anche la spiralità della lingua seconda. Posso attivare, ad esempio, i bambini sugli animali e contemporaneamente esercitare il lessico relativo ai movimenti (ad esempio imitando il modo di camminare degli animali) o ai suoni (i versi degli animali) o ai colori, o alle parti del corpo. Successivamente, ad esempio nell’introdurre una favola o una storia drammatizzata, riprenderò gli animali e tutte le aree già citate, magari aggiungendo lessico relativo all’immaginario, visto che si tratta di una favola, oppure qualche formula di saluto o di presentazione. Nelle esemplificazioni, e in attesa di pubblicazioni più esaustive relative ai materiali strutturati, proponiamo due esempi di attività tematiche rispondenti ai nostri principi pedagogico-didattici.

Indice





















































5. Elementi di programmazione
Distinguiamo due momenti in cui possiamo introdurre le nostre attività in tedesco nella scuola materna: rituali e attività coi bambini

5.1 Rituali.

Nella scuola materna ci sono momenti e situazioni che ricorrono ogni giorno. Sono perciò particolarmente adatti all'incontro con la lingua straniera, in quanto si possono accompagnare con la lingua gesti abituali ed identificare oggetti che fanno parte della vita comune dei bambini. I momenti-rituali sono:
- L'arrivo/l'uscita
- La merenda
- Il pranzo
- L’igiene personale
Per quanto riguarda le attività, la programmazione ha tenuto conto coerentemente delle premesse pedagogiche citate e si è orientata verso ambiti esperienziali e sensoriali integrati con tutto il curriculum della scuola materna.
Ecco, di seguito, un esempio di programmazione riguardante i due momenti.

Routine quotidiane

A tavola Möchtest du…? (indicando)
Ja, danke,
Nein, bitte
Viel oder wenig?
Hast du Hunger?
Salutare Guten Morgen,Hallo,Tschüss,Guten Tag Was/wer fehlt?Ist er/sie krank? Wie geht es dir/euch?
Presentarsi Ich bin, ich heisse, wie heisst du? Wer fehlt? Wer ist (nicht) da? Hier! Hast du einen Bruder/Schwester?
Ringraziare Danke, bitte
Esprimere stato fisico/psichico Wie geht’s? Ist er/bist du krank? Es ist mir kalt/heiss , möchtest du?
Ricevere ordini e comportarsi di conseguenza Setzt euch! Macht einen Kreis, singen wir, an den Tisch,… Was malst du? Was ist das? Hol mir bitte…(vedi sillabo sui giochi e le azioni) Mal dieses Bild an! Faltet die Hände, kommt in die Mitte
L’igiene Hände wäschen, Pipi machen, möchtest du?




Ecco alcuni suggerimenti per il lavoro sui rituali.

a. saluti
Costruzione di un piccolo televisore di cartone, da cui a turno ogni mattina un bambino saluta la classe e le insegnanti (si può aggiungere a piacere qualsiasi dettaglio, dalla presentazione col proprio nome, al tempo atmosferico...) E' particolarmente indicato qualora ci siano bambini di nazionalità diverse che si prestino a salutare nella propria lingua (ovviamente senza essere obbligati a farlo);

b. momenti comuni
L'insegnante accompagna sempre con le frasi in lingua ogni azione. Esempio: Wir machen einen Kreis, wir setzen uns, ich esse die Suppe mit dem Löffel etc... Si può adottare anche il sistema della pantomima: l'insegnante mima davanti agli alunni una azione molto nota e comune

sich die Zähne putzen
die Hände waschen
die Seife nehmen

dapprima senza parlare; i bambini devono ripetere il mimo anche senza parlare, poi l'insegnante pronuncerà ad alta voce la frase che descrive l'azione. I bambini possono ripetere in coro. Nella situazione adeguata l'insegnante ripeterà la frase adatta. Dopo qualche tempo in cui i bambini non saranno mai costretti a parlare descrivendo l'azione, ma solo ad ascoltare o tutt'al più a riprodurre, le frasi verranno spontaneamente espresse nella situazione adeguata. Se però questo non succede, nessun problema: semplicemente si prolungherà la fase di ascolto e osservazione fintanto che sarà necessario.

Ambiti lessicali

I colori rot,grün,blau, gelb, orange, rosaWelche Farbe ist das?
Parti del corpo Zeh, Hacke, Knie, Wade, Po, Rücken, Bauch, Nase, Kopf, Hände, Haare, Herz, Bein, Augen, Zähne, Daumen, Zeigefinger, Mittelfinger, Ringfinger, kleiner Finger
Vestiti Hut, Schuhe, Jacke, Pantoffeln, Zipfelmutze
Tempo atmosferico kalt, heiss, warm, windig, Wind, Regen, Regenbogen, schön, Wolke, Die Sonne scheintEs schneit Wie ist das Wetter?
Animali Hund, Katze, Maus, Biene, Spinne, Käfer, Schnecke, Löwe, Tausendfussler, Vogel, Krokodil, Hähnchen, Schäfchen, Kuh, Biene, Wolf, Hase, Schlange, Maus, Pferdwie heisst dieses Tier?
Cibi e bevande Wasser, Brot, Nudeln, Salat, Käse, Spinat
Immaginario Hexe, Kasper, Seppel, Zwerge, Riese, Zappelmänner, Rotkappchen, König, Osterhase, Nikolaus, Schneemann, Jäger
Giochi (fraseologia) Wir machen einen Kreis, wir stellen die Stühle weg, an den Tisch, alle Kinder setzen sich hier, stellen sich hier, Hände auf den Rücken, wir drehen… um,…
Oggetti Tisch, Stuhl, Fenster, Haus, Fernglas, Wald, Pelze, Moor, Höhle, Gras, Radio, Glöckchen,Kuckucksuhr, Auto, Menschen, Kinder, Tiere, Messer, Gabel, Löffel, Teller, Glas, Tür, Besteck, Gabel, Messer, Teller, Löffelchen, Serviette, Becher, Blumen, Korb
Verbi-azioni (weiter)gehen, winken, stampfen, schnipsen, zwinken, lachen, schimpfen, nicken, klatschen, krabbeln, sagen, summen, wehen, singen, reden, kaufen, wecken, machen, tanzen, essen, möchten, setzen, stellen, liegen, laufen, marschieren, fahren
Sensazioni Ich habe Angst, es ist mir kalt/weiss…
Giocattoli Puppe, Traktor, Auto, Ball, Memory, Puzzle, Eisenbahn
Tempo jetzt, heute, morgen, Morgen, Tag, Wochentage
Forma Kreis, rund, Quadrat, Dreieck
Quantità dick, laut, dunn, schnell, langsam, leise
Luogo hier, dort, herein




Le osservazioni condotte a diversi livelli (schede, video, scambi di informazioni tra diversi osservatori) portano tutte alla conclusione che la lingua maggiormente acquisita dal bambino è legata a quegli aspetti tematici e a quelle modalità che già rientrano nel suo patrimonio esperienziale: i bambini canticchiano (quando sono soli) canzoncine in tedesco, indicano o nominano in tedesco i giochi e gli oggetti preferiti. Questa sembra essere una ulteriore dimostrazione che l’approccio deve avvenire non in modo sistematico, bensì seguendo spontaneamente le normali tappe evolutive del bambino con le attività più adeguate al loro sviluppo.
Dalla mia esperienza di formatrice devo anche aggiungere che questa peculiarità non riguarda solo i bambini della scuola materna, ma si estende anche a quelli della scuola elementare, perlomeno fino agli 8, 9 anni. L’esperienza ci insegna che gli insegnamenti vanno adeguati ai bisogni psico-affettivi dei discenti e non, come spesso purtroppo avviene, alle scelte personali degli insegnanti e degli educatori o ai sistemi che riescono loro più facili.
La più bella dimostrazione dell’esattezza delle nostre supposizioni in questo ambito viene da una bambina di 4 anni che si è messa a passeggiare a zig zag davanti alla maestra di tedesco, dicendole: “Guarda maestra, so camminare in tedesco”. L’episodio, apparentemente solo aneddotico, in realtà dimostra che l’approccio è stato recepito dalla bambina come un coinvolgimento globale della sua persona, ivi compreso dunque il modo di camminare, di muoversi, quindi il corpo e le funzioni sensoriali. Credo che, oltre alle schede e ai video, questi episodi siano i maggiori indicatori sul nostro lavoro. Per questo invitiamo sempre le maestre a raccogliere tutte le manifestazioni spontanee dei bambini. Sono loro stessi, infine, a dirci in che direzione stiamo andando e ad indicarci la strada migliore.

Indice























































6. Due attività tematiche esemplificative
6.1 Tiere

Das Lied der Pinguine 1

Elegant

Schwarz und weiss

Der Pinguin läuft auf das Eis

Dick und fit

Der Pinguin steigt auf den Harz


Wenn die Sonne scheint im Dunkelkreis

Ist er elegant so schneeweiss

Wenn sich die Sonne kleiner macht

Ist er so schwarz wie die schwarze Nacht


Elegant
Schwarz und weiss

Der Pinguin läuft auf das Eis

Dick und fit

Weiss und schwarz

Der Pinguin steigt auf den Harz

Der Pinguin ist keine Maus
Der Pinguin hat kein Haus


Er wohnt auf einem weissen Strand

Aber da ist kein Sand



Lied des Pinguins 2

Die Pinguine sind komische Tiere
Auf dem Eis gehen sie marschieren
Sie sind Vögel und können nicht fliegen
Haben Beine und können nicht biegen

Das Wasser ist kalt sie werden nicht krank
Sie werden sie werden sie werden nicht krank

Es macht ihnen Spass
Sie werden ganz nass
Sie werden sie werden ganz nass




Begrüssung “Zoo”
Tutti i bambini passeggiano e si salutano come se fossero:
- pinguini
- elefanti
- scimmie
- serpenti
- cani
- orsi

Gioco-movimento: der Pinguin, der nicht fliegen konnte
Un bambino-pinguino va da un gruppo all’altro di bambini-animali e chiede di essere invitato a giocare:
Darf ich spielen?
Nein, du bist kein…Hund/Schwein….

Filastrocca di accompagnamento:
Bin ich Katze oder Hund?
Du bist niemand, weg von uns!

Bin ich Affe bin ich Maus?
Du bist niemand bitte raus!

Bin ich Bär oder Känguruh?
Du bist nichts und raus bist du

Bin ich Schwein? Elefant?
Du bist doch zu elegant!

Bin ich Kuh, bin ich Kind?
Ich bin doch ein Pinguin!

Gioco del pinguino 2
In bambini in coro: der Pinguin Huhn und Kuh, wer bin ich und wer bist du?
Un bambino si mette al centro e finge di essere un animale: tutti cantano la formula rituale. Il bambino al centro indica un altro bambino nel cerchio che deve indovinare quale animale lui è. L’interpellato dice: “du bist ein…”. Se indovina, va al centro e assume una identità di un altro animale. I bambini cantano la formula in coro, lui sceglie un altro bambino per indovinare, con cui scambiarsi il ruolo e così via. Se il bambino non indovina, quello al centro dice: “Nein, ich bin es nicht” e si continua così per altri 3 tentativi.

Gioco del cane “Bello”
I bambini sono seduti in cerchio. Un bambino assume il ruolo del cane “Bello” e si mette accucciato nel mezzo, in modo da non vedere, con il suo osso (di gomma). La maestra sceglie un bambino che prenda l’osso e se lo nasconda dietro la schiena, poi ordina a tutti: Hände hinter den Rücken!
In coro si recita:

Bello, Bello, dein Knochen ist weg, wer hat ihn versteckt?

Tutti i bambini stanno con le mani dioetro la schiena. Bello va da un bambino e abbaia. Se quello ha l’osso, dice: ich habe deinen Knochen! E prende il posto di Bello. Se no, dice: Nichts, mostrando la mano vuota e accarezza Bello, dicendo: Armer Bello! Dopo tre tentativi si cambia ruolo e il bimbo che ha l’osso diventa comunque Bello.

Gioco dell’orso
Un bambino-orso va da un gruppo di bambini-caprette e dice:
- Ich möchte spielen!
Le caprette rispondono:
- Nein, du darfst nicht!
- Warum nicht?
Du bist zu gross
Zu dick
Zu stark
Zu schwarz
Zu haarig
Deine Stimme ist zu stark
Deine Nase ist zu lang

Ogni volta, ad ogni rifiuto, lui torna indietro e si trasforma, poi torna dalle caprette e riprova.
Variante: le caprette lo accolgono a giocare Verstecken. Lui si nasconde, ma siccome è troppo grosso lo trovano subito. Formula linguistica:
ich sehe dich!
gefunden!
der Bär ist da!

Canzone dell’orso (mimata da tutti)

Wo ist der Raum
Mit dem Baum
Wo die grossen Bären gehen
Ohne sich zu stossen!
Links ein Baum
Rechts ein Baum
Und dazwischen ein Zwischenraum
Wo die grossen Bären gehen
Ohne sich zu stossen!

Filastrocca: gioco di parole
Die Bären lieben die (Ber)ge
Wo leben alle Zwerge
A(ber) gehen nicht hin
Sie gehen nach (Ber)lin
Sie gehen lie(ber) tanzen
Mit den kleinen Wanzen
Sie stehlen die Erd(beer)en
Und können nicht mehr gehen
Sie essen (Ber)gamotte
Und klauen die Klamotte
Sie sind nie (ber)eit
Jetzt kommt die Polizei! (sirena/Alarm)


Mentre la maestra racconta e mima la filastrocca i bambini ascoltano seduti in cerchio. Ogni volta che ricorre la parola “Bär”, possono:
- alzarsi in piedi
- mimare l’orso
- fare il verso dell’orso
- scambiarsi i posti
- …….
La stessa attività può essere fatta anche come Fingerspiel: le dita della mano destra per raccontare mimando, la sinistra compare solo ogni volta che ricorre la parola Bär in varie forme, (e anche i bambini muoveranno la mano sinistra).

6.2 Märchen

I bambini e la maestra sono disposti in cerchio. La maestra lavora con la tecnica del Lehrerecho: dice le prime frasi e le fa ripetere ai bambini. La strofa ritmata centrale della filastrocca viene cantata in coro da tutti.

DIE ZWERGE UND DER RIESE

Strofa centrale:

Wir sind die kleinen Zwerge Zwerge Zwerge
Und ziehen jetzt zum Berge Berge Berge
(Rumori di marcia e movimento. Pestare i piedi per terra)
Wir nehmen unser Säcklein hugepack
Der Sack ist gross und schwer
Wir schultern den Sack ( mimare le azioni)
Und gehen (gebückt)

Wir sind die kleinen Zwerge Zwerge Zwerge
Und ziehen jetzt zum Berge Berge Berge

Im Berg klopfen und hämmern wir (mimare)
Laut laut laut laut (aumentare il volume)
Leis leis leis leis (abbassare la voce fino a un sussurro)
Es ist heiss und windig (mimare)
Wir arbeiten und singen ein Lied dabei (fischiettare)
Wir sind die kleinen Zwerge Zwerge Zwerge
Und ziehen jetzt zum Berge Berge Berge

Da hört man ein Geräusch (passi, tonfi)
Wer ist da? Hallo! (eco: Hallo!) rip.2 volte
Ah! (spavento) Da kommt ein Grosser Riese her (mimare)

Wir sind die kleinen Zwerge Zwerge Zwerge
Und ziehen jetzt zum Berge Berge Berge (con voce tremante)

Der Riese will die Zwerge schrecken! (grida)

I nani (i bambini) corrono e si nascondono

Wir lachen aus dem Zwergenhaus
Den grossen grossen Riesen aus
(fare sberleffi e ridere)

(allegri, saltellando)
Wir sind die kleinen Zwerge Zwerge Zwerge
Und ziehen jetzt zum Berge Berge Berge



A parte la strofa centrale che viene ripetuta da tutti i bambini, in questa storiella è la maestra la voce narrante, mimando tutti gli avvenimenti e facendosi imitare dai bambini.
ZWÖLF SCHWARZE KATZEN AUF DEM BAUERNHOF

Strofa centrale:

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Sie haben ein kleines Haus im Hof
Und springen, spielen, trinken Milch

Um den Garten ist ein grosser Wald
Und die Katzen gehen auf Jagd (schlauchen)

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Im Wald ist ein blauer Bach
Aber die Katzen mögen nicht das Wasser

Im Bach schwimmt ein grosser Fisch
Und die Katzen wollen ihn fangen!

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Es ist Nacht auf dem Bauernhof
Die Katzen schlafen unter dem Mond

Jemand schlaucht im Gras
Die Katzen schreien: der Fuchs! Der Fuchs ist da!

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Alle rennen hin und her (tutti corrono)
Alle haben Angst: der Hahn, der Hund, das Pferd (mimare espressioni di paura)

Schnell springt der Bauer aus dem Bett
Und läuft in den Hof: er hört eine Musik

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Ah! Die Katzen und die Tiere
Machen einen Kreis und alle tanzen fröhlich mit dem Fuchs

Was ist los?
Was ist los?

Eine Party auf dem Bauernhof!


ZWÖLF SCHWARZE KATZEN AUF DEM BAUERNHOF

Strofa centrale:
Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Sie haben ein kleines Haus im Hof
Und springen, spielen, trinken Milch

Um den Garten ist ein grosser Wald
Und die Katzen gehen auf Jagd (schlauchen)

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Im Wald ist ein blauer Bach
Aber die Katzen mögen nicht das Wasser

Im Bach schwimmt ein grosser Fisch
Und die Katzen wollen ihn fangen!

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Es ist Nacht auf dem Bauernhof
Die Katzen schlafen unter dem Mond

Jemand schlaucht im Gras
Die Katzen schreien: der Fuchs! Der Fuchs ist da!

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Alle rennen hin und her (tutti corrono)
Alle haben Angst: der Hahn, der Hund, das Pferd (mimare espressioni di paura)

Schnell springt der Bauer aus dem Bett
Und läuft in den Hof: er hört eine Musik

Zwölf schwarze Katzen auf dem Bauernhof
Sie leben zusammen mit dem alten Bauer
Ein Hanh ist da, ein Pferd ist da, ein Hund ist da, ein Schwein ist da, und vier gute Kühe…

Erzählen und Mimik:

Ah! Die Katzen und die Tiere
Machen einen Kreis und alle tanzen fröhlich mit dem Fuchs

Was ist los?
Was ist los?

Eine Party auf dem Bauernhof!

Party auf dem Bauernhof


Testo e musica: Detlev Jöcker


Rotkäppchen

La maestra racconta la favola mostrando le figure e cercando di renderla il più possibile in forma di dialogo. Gradualmente i bambini assumeranno i ruoli e reciteranno le loro battute, dapprima suggerite dalla maestra, poi, per quanto possibile autonomamente. Si pensi anche alla scenografia, ai costumi, alla musica e ai rumori di scena

Das kleine Mädchen bereitet sich vor Mutti: Bring der Oma den Korb: Hier ist der Wein, das Brot, die Torte, die Äpfel und die Eier
Pass auf! Sprich mit niemanden im Wald!
Rotkäppchen: Ja, Mutti, sei ruhig! Tschüss Mutti!
M.: Tschüss, Rotkäppchen! Sei brav!



Sie kam an und erkannte nicht den Wolf

Wolf: Hallo, liebes Kind! Was machst du hier?
R.:Hallo! Ich nehme die Blumen
W.:Wo gehst du hin?
R.: Zu Oma. Ich bringe ihr den Wein, die Torte….
W.: Das ist aber ein langer Weg! Nimm den anderen Weg, hier, der ist kürzer
R.: Danke, Auf Wiedersehen!



Der Wolf klopfte an Wolf: Hallo, hallo!
Oma: Wer ist da?
W.: ich bin’s, Rotkäppchen
O.: ich öffne die Tür (mache auf)




Der Wolf verschluckte Oma W.: Du bist alt und hart aber ich habe Hunger! Ich muss dich fressen!



Der Wolf zog Omas Kleidungen an W. Ich ziehe jetzt die Kleider der Alten an: das Nachthemd, die Mütze, die Brille…ich lege mich ins Bett…ich warte auf Rotkäppchen…Mmmmh… ich habe noch Hunger…Jetzt kommt sie….
R.: Hallo, ich bin’s, Rotkäppchen
W.:Hallo, komm herein, mein Kind
R.: Oma, aber… was für eine grosse Nase hast du?
W.: um dich besser zu riechen
R.: wie gross sind deine Augen!
W.: um dich besser zu sehen, mein Kind
R.:Wie gross sind deine Hände
W.: um dich besser zu streicheln
R. und dein Mund…wie gross ist dein MundUm dich besser zu fressen!Ammmmm!


Der Jäger hörte das Schnarchen

J. Wer schnarcht so stark im Haus der alten Oma? Mmmm: Oma ist nicht da. Vielleicht ist der Wolf da. Er hat Oma gefressen… ich gehe hin, trete ein und kontrolliere… Ja, er ist, der Wolf! Und im Bauch sind noch Oma und das Kind. Ich schneide ihm den Bauch mit meinem Messer!



Rotkäppchen und Oma sprangen aus dem Bauch heraus

R. O.: Oh, danke, danke, der Wolf hat uns gefressen! Du, Jäger, hast uns gerettet.J: Schnell, stellen wir die Steine im Bauch der Bestie, und nähen ihn wieder!
Schau, der Wolf ist so schwer, er fällt gerade ins Wasser! Splash!


Damit füllten sie dem Wolf den Bauch

Da waren alle drei vergnügt… R. O.: Oh, Jäger, du warst so schlau und gut! Du hast uns gerettet! Danke, danke.J.: Wir feiern mit der Torte und mit dem Wein. Prosit, zum Wohl!
R. Ich gehe jetzt nach Hause und bin ganz froh. Aber nächstes Mal werde ich besser aufpassen, liebe Mutti



Rotkäppchen ging wohlgemut wieder nach Hause

Indice








































Bibliografia

- Jacobi b., C. Kuhle, Begegnung mit Sprachen, Cornelsen Scriptor, Berlin, 1997
- Ausubel D. , Educazione e processi cognitivi, Franco Angeli, Milano, 1991
- Ricci Garotti F., Immersione linguistica: una nuova prospettiva, Franco Angeli, Milano, 1999
- Genesee F., Doppelimmersion: eine kanadische Fallstudie, in: Mehrsprachigkeit und Schule, a cura di Werner Stuflesser, Europaische Akademie Bozen, 1999
- Häussermann K., H. Piepho, Aufgaben-Handbuch, Iudicium, München, 1996
- Balboni P.E., L’educazione bilingue, Guerra, Padova, 1997
- Balboni P.E., M. Gotti: Glottodidattica: aspetti e prospettive, Juvenilia, Padova, 1987
- Ferrari R., Wörter haben bunte Flügel, Christophorus, Freiburg, 1998
- Krashen S.D., Principles and Practice in: Second Language Acquisition, Englewood Cliff, Prentice Hall International, 1987
- Buttaroni S., Crescita di una lingua straniera, Alpha Beta, Merano, 1997

Indice





 

Nessun commento:

comming soon

>

Blog Archive

Elenco blog personale